La Chirurgia raddoppia: reparto sia al San Donato che nella clinica

Il primario Marco De Prizio: «Interventi a Ceciliano e in ospedale per i pazienti Covid quando infiliamo le tute da astronauta. Una grande squadra»

Operazione chirurgica (foto di repertorio)

Operazione chirurgica (foto di repertorio)

Arezzo, 8 aprile 2020 - Anche loro sono al fronte, sia al San Donato che al Centro Chirurgico Toscano. L’equipe di chirurgia, diretta dal primario Marco De Prizio, ha anche pagato un prezzo alto al Convid: uno dei medici è stato colpito dal virus, ricoverato e ora in via di miglioramento. E’ con De Prizio che raccontiamo le giornate di questo reparto cruciale.

Come vi trovate al Centro Chirurgico Toscano? «Ringrazio intanto il dottor Stefano Tenti e tutto il personale che ci hanno accolto nella loro struttura. Ci troviamo bene, pur in spazi diversi rispetto al San Donato, dove comunque siamo presenti ogni giorno come guardia medica chirugica per le operazioni ai pazienti Covid».

Divisi in due: come ha organizzato il reparto? «Al San Donato ci sono un medico al mattino, uno al pomeriggio e uno di notte, più due chirurghi reperibili. A Ceciliano un medico al mattino e uno al pomeriggio più due reperibili».

Alternati? «A rotazione nelle due strutture. In tutto siamo di fatto nove persone impegnate su un organico di undici».

E lei? «Opero sia di qua che di là».

Quanti pazienti Covid sono stati sottoposti a intervento? «Cinque dall’inizio dell’emergenza a oggi».

E’ diverso il modo di operare? «Agire su un paziente Covid è faticosissimo perché le precauzioni sono triplicate. Tanto per semplificare lavoriamo con la tuta da astronauta e con doppia mascherina, ma potrei ancora andare avanti con le altre protezioni».

L’attività chirurgica normale è più rarefatta? «Lo era all’inizio, adesso è rientrata nella normalità di prima».

Come vivono i suoi colleghi questo momento? «Sento il dovere di testimoniare lo stato di dedizione silenziosa con cui i colleghi, e pure gli infermieri, stanno lavorando giorno e notte. Dimenticavo una cosa».

Prego... «Siamo operativi anche alla Sapra dove accedono chirurghi e infermieri per le medicazioni ambulatoriali. Aggiungo che molti infermieri della chirurgia sono stati delocalizzati in altre sedi per lo svolgimento di compiti gravosi, spesso a contatto con pazienti Covid. Li ringrazio uno a uno».

Avete avuto anche un medico colpito dal virus... «Un ulteriore tributo di sofferenza. E’ in rianimazione dove sta combattendo e lo sta facendo con successo».

L’emergenza ha ulteriormente cementato il gruppo? «Sono orgoglioso di lavorare con questi uomini e donne che hanno dimostrato piena adesione a una scelta organizzativa molto faticosa e non completamente comprensibile da tutti. Non siamo eroi, come ci dipingono, ma professionisti che hanno scelto di operare nell’ambito del sistema sanitario pubblico. Lo abbiamo fatto fino a ieri e continuiamo a farlo oggi durante questa fase critica».

Cosa succederà al sistema sanitario dopo lo choc virus? «Intanto, a dispetto dei tagli imposti dalla politica sanitaria degli ultimi dieci anni, si è dimostrato come il ruolo del sistema sanitario pubblico meriti un sostegno economico e culturale. Quando torneremo al S.Donato avremo più consapevolezza delle grandi potenzialità del nostro ospedale, con l’auspicio che la politica torni a puntare sugli investimenti».

Cosa dice a chi non ha il Covid ma ha comunque bisogno di voi? «Dico che la chirurgia generale non è chiusa. Noi ci siamo e, con qualche difficoltà, siamo in grado di rispondere ai bisogni sanitari della popolazione».

Lei è anche segretario regionale del sindacato dei chirurghi e dei ginecologi ospedalieri. Quali rapporti con l’azienda? «Ci vorrà una profonda riflessione sui rapporti tra medici e amministratori ma ne parleremo alla fine dell’emergenza».