Investita di notte, effetto buio sulle grande strade: è allarme pedoni

La carenza di illuminazione e marciapiedi aumenta i pericoli. Tra le arterie critiche la 327 ma anche la 71 su buona parte del percorso e la 69

L’operazione è stata effettuata qualche notte fa dai carabinieri della Compagnia di Cesenatico

L’operazione è stata effettuata qualche notte fa dai carabinieri della Compagnia di Cesenatico

Arezzo, 19 marzo 2019 - E’ solo l’ultima vittima del buio che ogni sera cala sulle strade aretine, maggiori e minori, una minaccia micidiale quanto le curve, i dossi, le strettoie, il traffico soffocante che rendono arterie come la vecchia, e assassina, 71, la 327 di Foiano, la statale 73, la 69 del Valdarno nella top 10 o 20 delle vie più pericolose della Toscana. Andrea Bianca Adam, barista romena di origine, solo 24 anni, da appena uno in Italia, aveva preso, stando alle prime indagini, tutte le precauzioni per non morire falciata, come poi le è successo poco dopo la mezzanotte di domenica, sul ciglio della strada. Camminava a piedi sul lato opposto rispetto alla direzione di marcia delle auto, come prevede il codice della strada, se ne stava bene a margine.

Non le è bastato per evitare la vettura che l’ha travolta e uccisa. Ma anche il poliziotto di 49 anni che l’ha uccisa, ovviamente indagato per omicidio stradale, è a suo modo una vittima. Nella cappa scura che incombeva sulla 327, alla periferia di Foiano, verso Cesa, ha visto la ragazza solo all’ultimo istante, quando era troppo tardi per evitare l’impatto.

Andrea Bianca ci ha rimesso la vita ma quanti pedoni la rischiano ogni giorno, ogni sera, sfidando lo scuro che cala sull’asfalto per le più elementari delle esigenze, come raggiungere un vicino, arrivare a casa dalla fermata del bus, andare al bar o al negozio più vicino? Siamo sempre ai soliti problemi: le strade aretine, le più importanti, sono ancora quelle del tempo del granduca, con la differenza che allora non c’era l’asfalto, ma nel corso degli ultimi decenni sono cresciute ai loro margini delle autentiche città lineari: non più la campagna dei mezzadri e delle leopoldine ma case a poca distanza l’una dall’altra, praticamente senza soluzione di continuità, per decine di chilometri, case che ormai rappresentano una catena senza vuoti fra un centro abitato e l’altro.

Prendiamo la 71 nel tratto della Valdichiana: da Olmo a Terontola non è rimasto neppure un chilometro senza abitazioni ai lati, una conurbazione infinita di gente che ha bisogno di muoversi, anche a piedi, di giorno come di notte. Idem dicasi per la 327 della tragedia: Pieve al Toppo, Montagnano, Alberoro, Cesa, Foiano e tutte le case che stanno fra un paese e a l’altro.

Per non parlare della 69, da Pratantico e Indicatore verso il Valdarno o della 71 nel tratto casentinese. E che dire di quel pezzo di statale 73 che sta fra San Zeno e Pieve al Toppo? Pericolosissima, buia come una bolgia infernale e frequentatissima. I pedoni, quando ci sono, si vedono e si schivano praticamente in extremis. Non più il buio oltre la siepe ma il buio sopra l’asfalto.

Ogni tanto ci scappa il morto, più spesso gli investiti se la cavano con ferite e fratture, si veda quanto è successo a Tavarnelle di Cortona lo scorso autunno, con una specie di rivolta popolare dopo una giornata maledetta di pedoni travolti a ripetizione. Andrea Bianca, insomma, non è un’eccezione, è il sintomo di un allarme reale. Gran parte delle strade aretine non sono solo arterie di collegamento ma anche viabilità semiurbana, che come tale avrebbe bisogno di più illuminazione, di marciapiedi dove è possibile, di semafori, di sistemi di sicurezza per l’utenza debole, quella che va a piedi. Qualcosa i Comuni l’hanno fatta ma ancora non basta.

Gli incidenti quotidiani, anche quando non balzano in testa alla cronaca perchè c’è il morto, dovrebbero ricordarcelo. Solo così la vita perduta di una giovane che veniva dall’altro capo d’Europa non sarà stata inutile, un altro incidente da dimenticare in fretta.