Inchiesta, il mistero degli indagati: per ora niente interrogatori

Il Pm Claudiani attende l’esito delle perquisizioni di mercoledì scorso prima di sentire i tre accusati di corruzione ed eventuali altri coinvolti

Amendola e Bardelli

Amendola e Bardelli

Arezzo, 24 gennaio 2020 - Quanti sono gli indagati del caso Multiservizi? Solo i tre che sono stati perquisiti con l’accusa di corruzione oppure ci sono altri coinvolti nell’inchiesta che il Pm Marco Claudiani tiene rigorosamente segreti? Teoricamente, infatti, l’iscrizione nel registro degli indagati è riservata. La procura non ha alcun obbligo di comunicarlo ai protagonisti nè tantomeno di rivelarlo alla stampa, atto quest’ultimo che sarebbe anzi un reato, la violazione del segreto istruttorio.

L’eventuale discovery avverrebbe soltanto nel momento in cui il Pm avesse necessità di compiere atti di indagine, come può essere un invito a comparire, ossia una convocazione in procura, che vale anche come avviso di garanzia.

E’ successo così anche nel filone da cui origina l’inchiesta multiservizi: il sindaco Alessandro Ghinelli, indagato da luglio per favoreggiamento, l’avvocato Ettore Olivetti Rason, cui si imputa il peculato, il presidente di Estra Francesco Macrì, e l’avvocato Stefano Pasquini (favoreggiamento anche per lui) hanno saputo ufficialmente di essere sottoposti a procedimento penale solo quando, fra dicembre e gennaio, sono arrivati le richieste di proroga indagini.

Nel caso che fa tremare la politica aretina, dunque, ci sono potenzialmente versanti non ancora noti. Nessuno sa se le registrazioni sequestrate dalla Digos nel computer di Sergio Staderini siano solo gli ormai famosi files «Amendola» e «Breda» o se ci sia dell’altro ancora non portato allo scoperto.

Il sindaco, dinanzi al consiglio comunale, si è dichiarato «totalmente estraneo» alla vicenda giudiziaria, ma a Palazzo di giustizia vige la regola del silenzio: nessuno smentisce e nessuno conferma. Intanto, aleggiano sul Palazzo le carte depositate martedì da Claudiani in vista di un ricorso al Riesame cui poi il difensore di Roberto «Breda» Bardelli ha rinunciato.

Si dice che nelle trascrizioni integrali dei due files ci siano altri aspetti gustosi, almeno dal punto di vista del colore, ma finora nessuno li ha visti, perchè l’avvocato Roberto Alboni si è tenuto tutto per sè. Di certo, ed è l’unico aspetto sul quale arrivano conferme ufficiose da fonti giudiziarie, i tre perquisiti per adesso non saranno sentiti, per quanto i loro legali abbiano già preso contatti discreti con la procura.

E’ una mossa classica da Pm: non affrontare l’indagato fino a quando non è chiaro il quadro degli elementi a suo carico. E per esaminare quanto sequestrato mercoledì scorso, dai computer agli smarphone, la Digos impiegherà ancora giorni, se non settimane.

Roberto Bardelli, Lorenzo Roggi, difeso dagli avvocati Alessandra Cacioli e Matteo Grassi, e Luca Amendola, presidente dimissionario di Multiservizi (i cimiteri) fanno intendere di scalpitare per dare la loro versione dei fatti, ma dovranno ancora aspettare. Il caso, insomma, resta un’ombra che pesa sulla politica e la compagna elettorale.

Che sostanza c’è nel racconto di Bardelli, che al sindaco e Staderini, confessa il suo presunto patto con Amendola: ti appoggio per guidare la partecipata e tu mi fai avere in cambio un prestito da 200 mila euro? Un accordo che per il Pm Claudiani è corruzione, ma anche qui restano dei dubbi: aveva «Breda» la disponibilità della carica di cui avrebbe fatto mercimonio?

E che significato va attribuito alle frasi in cui il sindaco dice a Staderini di andare da Amendola per invitarlo a rispettare i patti? Lui dice che erano solo le frasi di circostanza di uno che aveva preso a cuore un consigliere in difficoltà. La pensano così anche in procura?