Il processone cerca casa Non c’è pace per Etruria

Il Palaffari o la sala di un hotel per la prosecuzione della bancarotta incagliata?. Di certo c’è solo che l’aula più grande di Palazzo di giustizia non basta più

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di Salvatore Mannino

Maxi-aula cercasi per maxi-processo. Eh sì, l’aula della bancarotta Etruria, il caso di maggiori dimensioni della storia giudiziaria aretina, non basta più. Bastava a malapena prima del Covid, tutti stretti e pigiati nelle udienze di maggrio richiamo, è diventata del tutto insufficiente alla luce della normativa di sicurezza anti-virus, come certifica pure, su richiesta degli avvocati, il presidente del collegio giudicante Gianni Fruganti. Il processone, insomma, una trentina di imputati, una sessantina di difensori e pubblici ministeri, parti civili che basterebbero da sole a riempire gli spazi esistenti, deve migrare altrove.

Già ma dove? Non a Palazzo di giustizia, dove l’aula Miraglia, piccolo capolavoroma non troppo funzionale della Vela, il corpo aggiuntivo al vecchio edificio del Garbasso, firmata dall’archistar Manfredi Nicoletti, è già la più grande disponibile. Ci vorrebbe forse la vecchia sala della Corte d’assise di piazza Grande, antico Teatro di Fraternita, quella sì che era gigantesca anche se con un’acustica pessima dopo essere stata riadattata in età post-unitaria ad uso giudiziario. Lì, forse, si sarebbe potuto fare in sicurezza anche un processo di queste dimensioni, ma da quando la giustizia aretina ha trasloocato dalla sua sede storica, nel 2007, è stata riadattata ad altri usi.

Bisogna insomma andare a cercare altrove, possibilmente in uno spazio con ricambio d’aria garantito (nell’aula Miraglia la copertura in vetro è fissa, senza finestre, con circolazione d’aria affidata solo all’aria condizionata d’estate e al riscaldamento d’inverno) e con un impianto che possa essere adattato per la fonoregistrazione, senza la quale non si fanno i verbali che a loro volta sono una parte essenziale del dibattimento.

Ma quante ce ne sono di sale del genere ad Arezzo? Il presidente del tribunale ne sta cercando una disperatamente, come la Susan della canzone di Madonna, ma ancora non è arrivato a una soluzione certa, con la prossima udienza del maxi-processo che incombe, giovedì prossimo. Appena quattro giorni per arrivare a dama, altrimenti sarà necessario un altro rinvio.

A priori, senza ancora guardare alle trattative concrete, di adatto a una situazione del genere pare esserci il Palaffari, già in parte impegnato dalla centrale di tracciamento della Usl, ma lì gli spazi non mancano di certo. Altrimenti, bisognerebbe ripiegare sulle sale convegni di qualche grande albergo cittadino, ma vanno dotate di banchi per la corte e per le parti. Di cinema, come quello di Grosseto in cui fu celebrato il processo Schettino, non paiono essercene: la Multisala è vuota, è vero, ma le sale sono ad anfiteatro, i vecchi Politeama e Supercinema non esistono più.

Insomma, il problema logistico è gigantesco, come ogni volta che la giustizia deborda dai suoi confini fisiologici. Una soluzione va trovata e si troverà. Quale per ora è un punto interrogativo. Ma un processo giunto a poche udienze dalla fine bisogna completarlo. Per forza.