Il coraggio delle donne e l'otto marzo: Bettoni da volontaria anti-Covid alle vaccinazioni

Dalla pensione al ritorno in reparto, Mattarella la nomina cavaliere per il coraggio. E infine ridiscende in campo per la prevenzione. "Il peso sulle nostre spalle"

Monica Bettoni

Monica Bettoni

Arezzo, 7 marzo 2021 - L’abbiamo scelta come simbolo femminile dell’8 marzo, la giornata dedicata alle donne. Lei è Monica Bettoni, personaggio conosciutissimo ad Arezzo e non solo, medico, deputata per quattro legislature, per un periodo a capo dell’Istituto superiore di sanità, protagonista nell’anno della pandemia sul fronte della lotta al Covid.

Monica, come definirebbe gli ultimi dodici mesi? «Surreali, di un’altra dimensione rispetto a ciò a cui eravamo abituati. Per me una specie di elettrochoc, tornata in reparto dalla pensione proprio per affrontare l’emergenza legata al virus».

Era aprile, partì con le valigie in direzione Fidenza... «Mi pare un’altra epoca, era appunto aprile e la pandemia era ancora all’inizio, poco si sapeva, cambiavano di continuo i protocolli. Come lanciarsi a capofitto in un’avventura ignorandone l’esito».

A quale ospedale fu destinata? «All’ospedale di Vaio, provincia di Parma, al confine con la Lombardia. E’ stata un’esperienza che mi ha segnato e che non dimenticherò mai. Eppure, a pensarci, mi sembra che sia passato un secolo».

Che ruolo hanno avuto le donne in questi mesi? «Di primo piano, sottolineo tra l’altro che la maggior parte degli operatori sanitari, sia medici che infermieri e Oss, sono di sesso femminile. Le donne sono state in trincea non solo negli ospedali, hanno anche sostenuto sulle loro spalle il peso del lockdown: la famiglia, i figli, l’assistenza alle persone anziane. Vorrei aggiungere un’altra cosa, questa davvero molto triste».

Lo faccia... «La violenza di genere. E’ aumentata considerevomente durante l’anno anche in virtù di dinamiche familiari mutate. Guardo al numero dei femminicidi e mi vengono i brividi, pensando poi che vediamo soltanto la punta dell’iceberg».

Il lavoro, altra nota dolente... «Ha toccato un nervo scoperto. Sono le donne che più hanno perduto il posto di lavoro, tra precariato, contratti non rinnovati, assunzioni mancate. Un dramma nel dramma. Se proprio vado a cercare il pelo nell’uovo, l’unico fattore a favore del genere femminile è che il Covid si è dimostrato un po’ meno letale nelle donne».

Torniamo a lei e al suo anno spericolato. Si è emozionata davanti a Mattarella? «Impossibile non emozionarsi. Intanto la nomina a cavaliere è stata inaspettata e non è tanto il titolo onorifico in sé a farti inorgoglire, quanto il riconoscimento del lavoro svolto che sta dietro alla gratifica. Era ottobre, a Roma, una cinquantina di persone che erano state scelte come simbolo della lotta al Covid. C’ero anch’io, è stata una cerimonia sobria e toccante, sono giornate che ti restano dentro e che ti fanno riflettere».

A cosa l’ha portata la riflessione? «A ripensare me stessa. E a stabilire che il periodo nel reparto Covid dell’ospedale di Vaio è stata l’esperienza più bella della mia vita. Ho fatto il politico, il sottosegretario, il sanitario, ma nulla è paragonabile a quel mese di aprile».

Non contenta, è pure diventata volontaria per la somministrazione del vaccino... «Ho partecipato al bando aziendale appunto come volontaria, sono stata chiamata, ho già fatto un turno e altri ne farò in seguito».

Quando ha iniziato? «Martedì scorso, è stata la prima volta in un palaffari sistemato logisticamente in modo ottimo».

Che cosa le hanno detto i vaccinandi? «Erano persone superfragili a causa di malattie croniche, qualcuno non usciva di casa da un anno. Provi tenerezza, loro sono contenti, disponibili e nessuno ha accusato il benché minimo malessere».

Domani è la festa della donna... «Niente retorica, ma noi donne non ci siamo solo domani. Nessuno se lo dimentichi»