I "quarant’anni gloriosi": economia, politica e società nell’Arezzo del lungo dopoguerra

Un volume curato dalla Società Storica sul periodo fra il 1945 e il 1990. Sindaci, partiti, urbanistica, giornali, cultura: la grande crescita

Camillo

Brezzi

A distanza di quattro anni dal convegno tenutosi presso l’Archivio di Sato di Arezzo è uscito il volume Arezzo e la Toscana nell’Italia repubblicana (1946-1990), con il quale la Società Storica Aretina prosegue il suo percorso di ricerca iniziato quasi vent’anni or sono con Arezzo e la Toscana tra i Medici e i Lorena (1670-1765), cui è seguita una trattazione sulla fase compresa tra Pietro Leopoldo e Leopoldo II, e poi Arezzo durante il Regno d’Italia. I 42 contributi sono stati suddivisi in sei sezioni: economia e demografia, lotta politica e partiti, amministrazione pubblica e sviluppo urbanistico, società e costume, istituzioni e attività culturali, mondo cattolico.

Alcune sezioni sono introdotte da un saggio sulla Toscana di cui sono autori Leonardo Rombai, Mario Caciagli, Paolo Bagnoli, Bruna Bocchini Camaiani. Come ricordano i curatori (Giovanni Galli e Giorgio Sacchetti) nella loro Introduzione, pure in un ricco volume quale questo, "non sempre è stato possibile dare spazio a temi, pur significativi per la storia locale". Loro stessi accennano alla riorganizzazione del sistema scolastico, alle politiche locali sulla scuola materna e degli asili-nido da parte dell’amministrazione comunale. Altrettanto importante il ruolo della Provincia, anche se va ricordato che il vero “salto di qualità” si ha nel 1999, quando aumentano le competenze rendendola un soggetto politico, economico, culturale di grande rilevanza. Altra analisi specifica sarebbe stato opportuno dedicare a Banca Etruria, la “Banca degli Aretini”, alla sua funzione, alla sua "vocazione “popolare”", allo straordinario sostegno dato alla città: basta ricordare il costante impegno per il restauro e la valorizzazione di Piero della Francesca.

Agli interventi di Camillo Berti, Giuseppe Salvini, Ferruccio Fabilli, Tiziana Nocentini, Giorgio Sacchetti e Luigi Armandi sul contesto economico e demografico, seguono due sezioni sugli aspetti politici, sia sul ruolo dei partiti sia sull’amministrazione. Si tratta di saggi ben intersecati tra loro capaci di offrire un quadro esauriente e sfaccettato, come conferma l’attenzione ai maggiori partiti, la “schedatura” dei Sindaci fino al 1963 (Giovanni Galli) e il contributo sul Sindaco Aldo Ducci (Paolo Ghelli). Innanzitutto il Pci mostra la sua efficace organizzazione e forza elettorale, ma "è un partito chiuso", sottolinea Claudio Repek (già autore di un’importante volume sul Pci uscito nel 1995) "che si riorganizza sul modello bolscevico e nel quale il togliattismo, per molti anni, fatica ad entrare". Tra le debolezze rilevate anche la mancanza di una leadership comunista fa sì che venga lasciata la carica di Sindaco ai socialisti: "l’alleanza è quindi voluta, ma anche obbligata".

Del confrontoconflitto tra Psi e Pci riflettono Marco Manneschi e Carlo Forbicioni ricordando come all’interno dei socialisti aretini si fronteggiassero autonomisti e frontisti, "due tendenze che prenderanno a tratti la forma di correnti organizzate". Neppure l’avvio della politica di centro-sinistra a livello nazionale porta a un cambio di maggioranza, data "l’oggettiva difficoltà a promuovere una risicata maggioranza alternativa". Gli autori evidenziano che il partito socialista attraverso i suoi amministratori locali si caratterizzò "per servizi di eccellenza o per scelte lungimiranti" che fecero di Arezzo "una città all’avanguardia prima del suo recente declino". In questo dibattito la Democrazia cristiana rimane, in parte, ai margini, in quanto, come sostiene Omar Ottonelli, la Dc aretina "sarà sempre, saldamente e tenacemente “fanfaniana”". Con la segreteria provinciale di Giuseppe Bartolomei, però, seppe riorganizzarsi e rafforzarsi anche sul piano elettorale, tanto da arrivare nel 1960 alla guida di 17 Comuni della provincia.

Per quanto riguarda l’amministrazione sono da evidenziare gli interventi di Laura Fanfani sulla pianificazione urbanistica e Paolo Martini sull’Ospedale psichiatrico.

Le sezioni “Società e costume” e “Istituzioni e attività culturali” - arricchite da contributi non presenti al convegno - permettono di esaminare aspetti poco conosciuti. È il caso del saggio di Salvatore Mannino, L’informazione: giornali e nuovi media, che ricostruisce con precisione (grazie anche a testimonianze) le varie testate di giornali, le televisioni, le radio e i siti web che si susseguono dalla Liberazione fino al 2000 (sforando la data ad quem del volume). Sono passati in rassegna i successi e i fallimenti, dalla singola pagina di cronaca agli attuali "quotidiani nel quotidiano", da quel giornalismo "rudimentale" alla rivoluzione tecnologica, le varie proprietà, i numerosi giornalisti, cronisti, collaboratori di testate nazionali, le varie posizioni politiche, la “passione” e gli entusiasmi delle varie generazioni che si sono avvicendate nell’informazione locale. "L’estate 1944, in cui rinasceva la stampa libera dopo il fascismo, pare una data persino più remota dei 74 anni trascorsi da allora", commenta un po’ melanconicamente Mannino.

Altrettanto interessante l’intervento di Matilde Puleo, Le espressioni della cultura artistica, che rievocando il “Premio Arezzo” di pittura, la costituzione della Galleria d’arte contemporanea, fa rivivere momenti in cui Arezzo era un punto di riferimento nel panorama nazionale, e non si caratterizzava con l’attuale "conformismo mediatico", né lasciava spadroneggiare qualche Galleria di grandi città italiane.

Nel leggere le quasi 800 pagine (compreso un centinaio di pagine con un interessante apparato iconografico e un utile Indice di nomi) fa piacere incontrare illustri personaggi passati per Arezzo, e veder ricordata l’attività di numerosi aretini che rischiano di essere dimenticati. Alcuni di questi ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare, come un signor politico quale Mauro Ferri, un raffinato artista come Dario Tenti, un collega universitario e sbandieratore come Vittorio Dini. Mi spiace non aver trovato traccia di un carissimo amico, Lapo Moriani, solerte, discreto, disponibile a ogni richiesta di studiosi o frequentatori occasionali della Biblioteca cittadina, ma soprattutto un rilevante personaggio dell’attività politico culturale aretina.