Guerrina, mistero lungo otto anni "Gratien ci dica dov’è il corpo"

Mai trovato il corpo della casalinga scomparsa nell’enclave aretina in Romagna il 1° maggio 2014. Il religioso, condannato per omicidio, tace mentre la famiglia chiede un milione di euro alla Diocesi

di Rita Celli

Otto anni fa spariva nel nulla Guerrina Piscaglia, la donna di Ca’ Raffaello, il paesino della Valmarecchia che è un enclave aretina in Romagna. Da allora, di tutta questa misteriosa vicenda rimane solo tanta tristezza. Dopo indagini e processi, ricorso ai medium, battute di ricerca, il corpo della donna non è mai stato trovato, ma a venire condannato a 25 anni di carcere, per omicidio e occultamento di cadavere, è stato Gratien Alabi, vice parroco del paese. A lui, che con altri quattro frati premostratensi gestiva la parrocchia, viene attribuita una relazione clandestina con Guerrina, testimoniata da oltre 4mila tra sms e chiamate, che i due si scambiarono fino a quel 1° maggio 2014.

È da poco passata l’ora di pranzo, è un giorno di festa, Guerrina esce di casa dei suoceri per recarsi in canonica da padre Gratien. "Non vengo con voi alla festa, vado a casa a riposare" queste le ultime parole che la suocera sente pronunciare da Guerrina. La Piscaglia scrive invece l’ennesimo sms ad Alabi: hanno appuntamento in canonica. Deve percorrere pochi metri per giungere a destinazione e invece sparisce, come inghiottita dalla terra. Sarebbe proprio quella relazione clandestina, secondo i giudici, il movente della sua morte: avrebbe voluto rendere pubblico l’amore per Gratien, mentre il sacerdote non ne voleva sapere. Per impedirle di parlare, l’avrebbe uccisa.

In un primo momento, la scomparsa della Piscaglia viene considerata volontaria: dal suo cellulare partono alcuni sms nei quali si parla di una fuga con un misterioso "amoroso marocchino". Paradossalmente, però, saranno proprio questi sms, e l’analisi delle celle telefoniche agganciate dal cellulare della donna e dal telefonino di Alabi, a incastrare l’assassino.

Lo scenario è chiaro: il sacerdote ha avuto un ruolo da protagonista nella scomparsa, è stato lui stesso a mandare quei messaggi, in un tentativo maldestro di depistare le indagini.

Dopo otto anni padre Gratien continua a dichiararsi innocente dalla sua cella di Rebibbia. Il suo legale, Riziero Angeletti, alcuni mesi fa aveva dichiarato di voler andare avanti con la richiesta di revisione del processo. Ma alla luce di nuovi sopralluoghi, sembra che non ci sia più intenzione di procedere. A casa di Mirco e Lorenzo Alessandrini, marito e figlio di Guerrina, ogni 1° maggio riemergono sensazioni indimenticabili. Il pensiero va al desiderio mai esaudito di sapere la verità. "I resti di questa povera donna – dice l’avvocato di Mirco, Nicola Detti – non sono mai stati trovati. Alabi non parla e non sapremo mai come è andata davvero".

Oggi il giudice tutelare Di Lorenzo ha autorizzato i legali a procedere per fare causa (e chiedere il risarcimento da un milione di euro) alla diocesi di Arezzo, per responsabilità civile.

"La Diocesi aveva il dovere e il potere di controllare Alabi, secondo il codice civile – spiega Detti – Prima della sparizione di Guerrina erano arrivate al vescovo delle avvisaglie da altri credenti, ma nessuno è intervenuto per controllare Alabi. Va riconosciuta la responsabilità della Diocesi. Non si tratta tanto di una questione economica ma di principio. La vicinanza della Diocesi alla famiglia di Guerrina non è mai stata percepita". Dopo otto anni la vita deve andare avanti. Mirco e Lorenzo da alcuni mesi stanno seguendo un programma sociale in una cooperativa di Sansepolcro.

"Lorenzo è un ragazzo speciale – spiega Detti – e insieme al padre sta seguendo il programma, per sperimentare una nuova gestione familiare, con loro due soli. Entrambi lavorano e si tengono impegnati".