Giostra, lance in terra: sfide annullate, i quartieri "bruciano" due milioni

Senza cene, feste e iniziative i rioni fanno i conti con le spese fisse per i campi d’allenamento e i giostratori. Resta il contributo comunale

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Arezzo, 7 agosto 2020 - Sarebbero stati giorni da conto alla rovescia: un mese all’edizione di settembre, con un quartiere che avrebbe appena smesso di festeggiare la lancia d’oro della notturna. E invece in un’estate senza Giostra ci si deve accontentare dell’inaugurazione di un percorso espositivo in Comune legato a una festa di popolo che quest’anno non c’è.

Dove, grazie a una mascherina da realtà virtuale, si può ‘entrare’ nell’atmosfera di piazza Grande e correre una carriera da videogame. Ma quello che nessun marchingegno digitale riuscirà a ricreare è il clima di attesa nei quartieri, quel condividere i giorni che separano dalla sfida al Buratto in compagnia tra uno spettacolo, una pizza e una birra.

Un’estate senza Saracino cambia la fisionomia della città. Gli anni duemila che hanno trasformato i quartieri in grandi punti di riferimento per i giovani come nessun altro in questa città. Serate con migliaia di persone, cene propiziatorie che vanno avanti fino alle ore piccole, spettacoli e concerti: un giro d’affari milionario che ha consentito alla Giostra di intraprendere un’impetuosa crescita tecnica.

Con diversi soldi da spendere per la preparazione dei giostratori, per l’affinamento dei cavalli e per la loro cura i quartieri hanno trasformato i loro campi d’allenamento in centri di alta specializzazione, con costi che l’azzeramento delle attività causato dal Covid rende difficilmente sostenibili. Già perché il 95% degli incassi dei quartieri è determinato dal bar e dalla ristorazione.

Ci sarebbero anche il tesseramento (un migliaio scarso la media in annate non pre-elettorali) e la vendita di gadget ma rispetto al totale incidono poco. Basti pensare alle cene propiziatorie: un migliaio di persone a 25-30 euro a testa. Moltiplicando per giugno e settembre sono 50-60 mila euro che da soli rappresentano la parte più importante dell’incasso annuo di ogni quartiere che oscilla tra i 350 e i 500 mila euro, a seconda se arriva o no una vittoria.

Che costa tanto in termini di premi che però sono ripagati con gli introiti di tante cene e cenette, compresa quella della vittoria che è una sorta di terza propiziatoria in un anno. In questa estate da dopo lockdown è tutto diverso: i quartieri provano a vivacchiare con qualche cena e qualche iniziativa qua e là. Ma tra numeri limitati dalle norme sulla pandemia e la mancanza del ‘core business’, sono spiccioli rispetto ai bilanci degli ultimi anni. Il 70 o forse anche l’80 per cento in meno quando ci sono comunque da sostenere le spese fisse dei campi di allenamento.

A partire dai cavalli a cui non si possono tagliare i compensi che per i giostratori e gli allenatori sono in gran parte legati alla disputa del Saracino e all’eventuale vittoria (in anni normali si va a una spesa complessiva dai 30 ai 60 mila euro). Due quartieri su quattro, Sant’Andrea e Santo Spirito, hanno una decina di cavalli di proprietà nelle loro scuderie: ognuno costa in media circa 1500 euro all’anno tra alimentazione e pulizia (in gran parte affidata alla disponibilità dei quartieristi) veterinari e maniscalchi.

L’unica entrata fissa resta il contributo comunale da circa 15 mila euro che ogni quartiere di solito si vede accreditare nel febbraio dell’anno successivo. Quest’anno i soldi saranno anticipati e arriveranno tra qualche settimana. A settembre il Saracino non ci sarà ma le elezioni sì.