Gianni Santucci: "I miei primi passi in Rai tra i boys di Raffaella Carrà"

Il ballerino e coreografo che ha calcato i maggiori palcoscenici del mondo ricorda gli anni Ottanta della televisione e di storici programmi come "Buongiorno Raffaella", "Non è la Rai", "Domenica In", da Japino a Boncompagni a Gino Landi. "Eravamo tutti innamorati di lei". Lo scherzo di Japino: "Dentro una gabbia la evitai per un soffio"

Gianni Santucci con Raffaella Carrà

Gianni Santucci con Raffaella Carrà

Arezzo 8 luglio 2021 - “Si lo so chi sei, hai lavorato con Boncompagni e sei aretino, mi piace tanto Arezzo”. Una battuta, una confidenza durante le prove. La gentilezza di una grande donna. Così l’incontro professionale tra Gianni Santucci, ballerino e coreografo aretino, che dalla ginnastica artistica imparata con i vigili del fuoco è passato ai palcoscenici di tutto il mondo iniziando proprio dalla Rai di Raffaella Carrà e Japino, Gianni Boncomopagni con Non è la Rai e Domenica In, Gino Landi da via Teulada al Sistina. Ancora oggi chi ha lavorato in quegli anni d’oro dal 1980 al 2000 è in contatto ristretto e riservato in un gruppo Facebook chiamato appunto “Bar Teulada” dove tutti si sono stretti al ricordo di Raffaella Carrà.

Santucci nel 1985 entra come “boys” nel programma “Buongiorno Raffaella” show confezionato per Usa e Italia. L’unica confidenza che si lascia sfuggire del suo primo grande amore, aretino anche lui, Gianni Boncompagni, e che suggella l’amicizia e la collaborazione artistica di lei e Japino con questo giovane atleta-ballerino. “Avevo fatto audizione per ‘Fantastico’ con la Cuccarini - ricorda Santucci - ma per lo spettacolo presero mia sorella Cristina e a me solo per la sigla, allora feci un altro provino con Raffaella per questo programma destinato all’America. Io tra i suoi bellissimi boys, allora  ventitreenne,  ero decisamente atipico, fisicamente piccolo ma acrobatico, per questo venivo scelto per le situazioni più pericolose. Ricordo una scena alla Mad Max dentro una enorme gabbia di metallo dove legato a un elastico mi lanciavo con salti tra il jumping e il parkour, il  giorno della diretta Japino, senza dire nulla alla Carrà, la mise al centro della gabbia, il punto esatto dove atterravo a ogni salto, feci appena in tempo a urlare e lei a scanzarsi. Durante il tour in America trovai una scrittura e chiesi il permesso di restare, Raffaella mi disse: rimani così diventi più bravo, avrai un sacco di lavoro e quando torni sarai dei nostri”.

Già i boys, ma anche tanti giovani talenti che lei voleva intorno a sé per lanciarli. “Raffaella dietro le quinte aveva una grande serietà e una grande professionalità. Veniva in sala prove e sudava come tutti noi per imparare i passi, ma negli studi si imponeva, aveva un potere a cui non ci si poteva sottrarre. Si metteva seduta con un nugolo di uomini davanti a sé, il regista, il direttore della fotografia, la costumista, truccatrici e parrucchieri, il capo cameraman, lei con la scaletta in mano diceva a tutti  quello che voleva, come sarebbe stata la puntata, cosa avrebbe fatto e detto, come si sarebbe mossa. E tutti  seguivano le sue indicazioni, doveva avere ogni cosa sotto controllo. Ma per noi boys era la zia. Pendevo dalle sue labbra per quello che faceva, sono sempre stato innamorato professionalmente di lei, era umana e quello che si vedeva in tv  lo trasmetteva a noi ogni giorno, ci conosceva perfettamente e di noi ricordava tutto”.

Erano anni pionieristici dove lo spettacolo era da inventare,  la tv colloquiava con il teatro e la danza e faceva scuola, dove si stava passando dal bianco e nero al colore: “Raffaella era nata come ballerina, era appena finita l’epoca di Delia Scala e  lei si è imposta come professionista. Nei corridoi della Rai tutti ricordavano una serata leggendaria, il duetto di Mina e Raffaella, Mina era Mina ma il pubblico amò Raffaella, era un treno, bucava lo schermo”.

Una scuola per Santucci: “Ho imparato quasi tutto in quel periodo in Rai, tantissimo con la Carrà e Japino, con il coreografo e regista Gino Landi  con il quale ho lavorato undici anni in tv e al Sistina. Fu lui ad affidarmi di punto in bianco il pezzo in cui dovevo coreografare le soubrette della tv italiana per i 50 anni della Rai: Carrà, Cuccarini, Parisi, le gemelle Kessler. Ancora oggi vado a recuperare nella mia memoria  come facevamo, perché è la base di oggi e di sempre”. 

Quei ricordi, oggi ancora più importanti, che Santucci porterà nei suoi prossimi lavori al festival “Solo coreografico” in Oklahoma e ad agosto a Liegi in Belgio dove firmerà la coreografia della nuova produzione  “La forza del destino” di Verdi.