"I fondi del Pnrr rischiano di dare impulso le mafie"

Secondo Raffaele Cantone sugli incentivi “ci si è dimenticati di prevedere sistemi di controllo dando per scontato che fossimo un Paese di angeli”

Raffaele Cantone

Raffaele Cantone

Arezzo, 26 maggio 2022 - Sulla messa a terra degli incentivi post Covid, come i bonus nati per dare ossigeno all’economia, ci “si è dimenticati di prevedere sistemi di controllo dando per scontato che fossimo un paese di angeli mentre le indagini delle procure, tra cui quella di Perugia, hanno già evidenziato situazioni al limite dell’incredibile” e adesso se il Pnrr “è una grandissima occasione,  è anche un grandissimo rischio: quello di vivificare le mafie, sconfitte sul piano militare ma non abbattute”.

Lo ha detto il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, già presidente dell’Anac intervenendo al dibattito  alla Borsa Merci, organizzato dal Rotary Club Arezzo Est presieduto da Mario Scilla su “Covid 19 e crisi economica. Le nuove forme di criminalità organizzata al tempo della pandemia” insieme al procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi.

“Questo fiume di denaro non poteva non attrarre la criminalità, anche organizzata. E’ sempre stato così ma si è agito come se questo fenomeno, noto a tutti, fosse sconosciuto alla classe politica che ha impostato l’elargizione degli incentivi sulla fiducia nei confronti degli italiani. E se il 90% sono persone perbene che ne facciamo del restante 10%?”, gli ha fatto eco Rossi. “Sui bonus era più facile frodare lo Stato che rispettare le regole e questa situazione si decuplicherà con l’arrivo dei soldi del Pnrr”. 

Parlando dinanzi a una platea nutrita di avvocati e ingegneri, presenti il prefetto Maddalena De Luca, il questore Maria Luisa Di Lorenzo, i comandanti provinciali di carabinieri e Finanza, Vincenzo Franzese e Lo Vito, il comandante della polizia municipale, Aldo Poponcini,  il sindaco di Cortona, Luciano Meoni e l’ex sindaco e parlamentare Giuseppe Fanfani, il procuratore di Arezzo ha ricordato i rischi, connessi alla pioggia di soldi, in particolare per la zona del Valdarno dove “non c’è il rischio ma la certezza delle infiltrazioni della criminalità organizzata” già emerse nel corso di indagini su rifiuti e movimento terra.

“Non è l’insediamento delle cosche per il controllo del territorio ma l’infiltrazione economica, non meno insidiosa. Questo - ha aggiunto - è un terreno di elezione per riciclaggio dei proventi illeciti e per aggiudicarsi e svolgere appalti e così  inserirsi nell’attività economica”. Nel corso dell’incontro - promosso dal prefetto Francesco Farina e dall’avvocato Tamara Pelucchini - è stato ricordato l’anniversario della strage di Capaci e l’eredità-Falcone. 

Trent’anni fa Cantone e Rossi avevano da poco indossato la toga. “La Direzione distrettuale antimafia è uno dei più grandi lasciti di Falcone ma la magistratura fece sciopero, all’epoca lo feci anche io e ancora oggi me ne pento. Da allora non ho mai più partecipato a uno sciopero, compreso l’ultimo”, ha detto il procuratore di Perugia “convinto a fare il pubblico ministero” e a farlo proprio in Campania proprio in seguito alla vicenda umana e professionale del magistrato antimafia alla cui corrente all’epoca Cantone si iscrisse, per poi abbandonare per sempre, il mondo delle correnti divenute “sistemi di potere”. “Falcone e Borsellino vanno ringraziati non solo per il loro grandissimo sacrificio ma anche per avere lasciato un metodo e aver dato un’immagine diversa della magistratura - ha aggiunto l’ex presidente dell’Anac - : se noi oggi siamo qui  lo dobbiamo anche a loro che avevano iniziato a parlare di mafie fuori dai tribunali superando l’idea che si debba fare solo attraverso le sentenze, sentenze che però non legge mai nessuno”. 

Secondo Rossi la vicenda-Falcone è “una pagina drammatica e penosa per la magistratura che commise una serie di errori e non ha mai fatto alcuna autocritica. Quella colpa - ha aggiunto - ce la porteremo dietro per un sacco di tempo. Anche io, allora giovane magistrato, credetti a quanto sostenevano autorevoli colleghi ovvero che Falcone avesse tradito e per questo, ancora oggi, non so darmi pace”.