Fissa le nozze ma gli prende un infarto: anticipa la cerimonia e si sposa in rianimazione

La cerimonia direttamente nel reparto davanti al letto davanti ai testimoni, a due figli e ad altri malati. Sceglie il venerdì 17 per scacciare la sfortuna

Il matrimonio in rianimazione

Il matrimonio in rianimazione

Arezzo, 23 novembre 2017 - Il primo matrimonio senza tacco 12 ma con i copriscarpe «usa e getta». Lui al letto, collegato alla flebo, la moglie a fianco, i figli e i testimoni intorno. Più i medici e gli infermieri, abituati a tutto meno che ai fiori di arancio in rianimazione. E’ la storia che sbuca dall’ospedale. Lui 57 anni di Pistoia, lei 53 di Lamporecchio: insieme da una vita ma decisi a fare il gran passo.

Lo avevano fissato, per il 9 dicembre a Fucecchio. Ma poi la vita ha deciso altrimenti. Perché lui aveva prenotato un intervento al cuore proprio ad Arezzo, uno dei centri specializzati nella chirurgia vascolare. C’è stata una complicazione, l’infarto, l’arresto cardiaco. Il cuore si è fermato un attimo ma ha ripreso subito a battere: un po’ per la bravura dei medici che lo hanno subito operato, in testa il primario Leonardo Ercolini, e un po’ perché al cuore lui aveva deciso di dare comunque retta.

Chiunque altro avrebbe rinviato le nozze a data da destinarsi? No, lui le ha anticipate. Lì, al letto dove lo hanno salvato e dove dovrà rimanere ancora un bel po’ in osservazione. E insieme hanno scelto venerdì 17: beh, della sfortuna avevano già fatto il pieno e non dovevano più temerla. «Anzi, magari la data la spazzerà via» scherza lei alla fine.

Un separè discreto ad un angolo del letto e la cerimonia celebrata dall’assessore Barbara Magi. Che nella sua «omelia» ha detto tutto in tre parole ma impegnative: «l’amore trionfa». Trionfa contro la flebo che ti ostacola nello scambio degli anelli, anche se il braccio sinistro era rimasto libero. Trionfa contro l’impossibilità di festeggiare come avrebbero voluto. Intorno due figli di lui e altri due testimoni, perché in questi casi un po’ estremi la legge ne impone quattro.

Il direttore della rianimazione Marco Feri a certificare la perfetta volontà di intendere e di volere dello sposo: difficile del resto da mettere in discussione, lucido e presente a se stesso, deciso come il più innamorato degli sposi. Certo, il «tight» lo indosserà un’altra volta, per l’occasione bastava un pigiama elegante: e soprattutto vedere lei, con uno splendido abito a fiori. Cerimonia sobria, come rito civile ma anche ambiente impone.

E l’applauso finale: senza il rinfresco, senza il lancio del riso ma con il sorriso convinto di chi ha vinto la malattia due volte. E pazienza se nella formula di rito hanno dovuto certificare che la cerimonia veniva celebrata in una situazione particolare, di almeno momentaneo pericolo di vita. Perché il cuore meglio di così non gli aveva mai funzionato. E perfino il copriscarpe plastificato troverà un posto nell’album dei ricordi, o in un cassetto della memoria.