"Orafo nasconde 30 milioni di ricavi": è uno dei condannati per Fort Knox, maxi-sequestro

L’accusa rivolta nei confronti dell’imprenditore è di evasione fiscale: bloccato con 5 kg d’oro e 11 d’argento. Triangolazioni con Austria e Ungheria

Militari della guardia di finanza  (foto di repertorio)

Militari della guardia di finanza (foto di repertorio)

Arezzo, 19 gennaio 2019 - Il lupo di Fort Knox perde il pelo (sotto forma di condanna) ma non il vizio. Ovviamente quello di trafficare in oro senza guardare troppo per il sottile sulle regole. E’ il caso, almeno secondo la Guardia di Finanza che ha eseguito un decreto di sequestro per equivalente da 150 mila euro, di uno di coloro che rimasero impegolati (e pagarono dazio) nel più clamoroso caso di contrabbando di lingotti da Arezzo alla Svizzera mai scoperto, che non pare affatto scoraggiato dall’anno di pena per Fort Knox. Avrebbe nascosto al fisco, infatti, ricavi per 30 milioni, sotto forma di triangolazioni con l’Austria, la Polonia e l’Ungheria.

L’inchiesta a suo carico parte da una rogatoria avviata dall’autorità giudiziaria austriaca, nel caso specifico la procura di Innsbruck, il capoluogo del Tirolo nel quale aveva sede la società “esterovestita” di cui l'orafoi risultava titolare. Una sigla che negli anni tributari 2013 e 2014 avrebbe mosso ingenti quantità di oro, formalmente in partenza dalla Polonia tramite l’Austria, con approdo finale presso alcune ditte aretine, risultate estranee agli illeciti.

Affari sui quali non avrebbe pagato le tasse né in Italia, nonostante chela società oltre confine risultasse un mero domicilio, né in Austria, tanto che le autorità locali bloccarono il conto corrente su cui si appoggiavano acquisti e vendite: pagamenti per bonifico fra l’Italia e l’Austria ma solo in contanti verso la Polonia, uno dei sistemi più sicuri per evadere le imposte.

Prende così avvio l’attività della Finanza, coordinata dal Pm Angela Masiello, che porta alla scoperta di un nuovo canale di rifornimento sul quale viene spostato il business, stavolta in Ungheria, per tramite di una società del posto di cui l’orafo aretino si presentava solo come il rappresentante in Italia, anche se ne sarebbe stato il vero “dominus”.

La ditta, in effetti, esiste davvero ma le tasse sulle attività aretine (destinatarie le stesse aziende che prima attingevano al canale austriaco-polacco) non le ha mai pagate. Nel corso delle indagini l’imprenditore viene anche bloccato in città insieme al suo socio ungherese: in auto gli trovano cinque chili d’oro e undici d’argento privi di marchio di identificazione. Sequestrati, ma il Riesame restituisce tutto.

Il risultato è che la Finanza addebita tutto all’orafo, difeso dall’avvocato Massimiliano Dei, per un ricavo totale che assomma appunto ai 30 milioni di cui si diceva sopra. Evasione totale, spiegano le Fiamme Gialle, sulle quali il Pm Masiello chiede e ottiene dal Gip Giampiero Borraccia il sequestro per equivalente: i 150 mila euro (relativi solo alla parte austriaca) di imposte mai versate cui si arriva sia attraverso la liquidità del protagonista che grazie a un immobile posto sotto sigilli. Intanto va avanti l’indagine della procura che sfocerà probabilmente in un nuovo processo per l’imprenditore, stavolta accusato di essere un evasore fiscale totale.