Etruria, cronaca del naufragio: "40% di deteriorati". Da Faralli a Fornasari alla fine

Ritratto implacabile di Santoni attraverso le tre ispezioni: la prima è del 2010 ma sono quelle del 2013 e 2014 che certificano lo sprofondo definitivo dell’istituto

La protesta dei risparmiatori di Banca Etruria

La protesta dei risparmiatori di Banca Etruria

Arezzo, 21 settembre 2019 - E’ un ritratto a tinte fosche quello che Giuseppe Santoni, il liquidatore nominato da Bankitalia, disegna del declino di Etruria, fino alla lettera diktat del governatore Ignazio Visco che impone una fusione mai fatta, alle ispezioni devastanti di via Nazionale, e poi all’emergere prepotente dei crediti deteriorati che affondano la banca e che arriveranno a rappresentare 3 miliardi su 7 di raccolta, il 40 per cento. Un dato insostenibile per qualsiasi istituto di credito. Già nell’epoca del padre-padrone Elio Faralli - ricostruisce il professore - la redditività, cioè la capacità di produrre utili, è bassa.

L’idea di un’espansione tramite l’assorbimento di banche minori, dalla Lecchese alla Del Vecchio, strapagate, si rivela sbagliata, Bpel vivacchia senza grandi prospettive fino a quando non arriva il colpo di timone, ossia la sostituzione del vecchio direttore generale Alfredo Berni col nuovo Dg Luca Bronchi. Siamo nel 2008, segue a breve distanza, nel maggio 2009 il drammatico Cda nel quale Faralli viene silurato 8 a 7 in favore del nuovo presidente Giuseppe Fornasari.

Cambiano i protagonisti, ma la situazione di aggrava. Etruria non riesce a migliorare la propria efficienza, si affida agli investimenti in titoli pubblici per compensare la scarsa capacità di fare la banca, ossia di prestare denaro guadagnandoci sopra. Soprattutto c’è miopia, e anche poche risorse umane, nel rientro dei finanziamenti concessi, fra i quali a poco a poco crescono gli ammaloramenti, cioè gli incagli prima e le sofferenze poi.

Arriva una prima ispezione di Bankitalia nel 2010 che si conclude con esito parzialmente sfavorevole, ne seguiranno altre due ben altrimenti pesanti. Le guidano Emanuele Gatti nel 2013 e Girolamo Di Veglia nel 2014, quest’ultimo però quando la parabola di Bpel è pressochè conclusa. I crediti deteriorati raddoppiano dal 2011 al 2013, si arriva a un 18 per cento di sofferenze e a un 33% di prestiti ammalorati. Il che riduce al lumicino il patrimonio di vigilanza di via Calamandrei.

Si arriva dnnque al doppio monito del governatore Visco. Il primo nel luglio 2012, ma con prescrizioni che non sono ancora una condanna a morte, il secondo nel dicembre 2013: dovete aggregarvi con un istituto di elevato standindg, non siete più in grado di stare sulle vostre gambe.

E qui, secondo Santoni, il gruppo dirigente di Banca Etruria, in particolare l’ultimo Cda, gioca sporco. Nel senso che non collabora all’unica offerta presentata dopo il ritiro di Bper, quella di Popolare Vicenza: un euro ad azione che per il professore significa 200 milioni di capitale, quanto chiede come danno per la mancata fusione nell’azione civile di responsabilità che riprende il 10 ottobre davanti al tribunale delle imprese di Roma.

Inutile dire che quelli di Etruria raccontano un’altra storia, ricordando con dovizia di particolare come l’intesa l’abbia fatta fallire il gran capo di Popolare Vicenza, Gianni Zonin. Sarà uno dei grandi temi del controinterrogatorio. Fra una settimana esatta, ancora di venerdì in un maxi-processo che si va sempre più infiammando.