Etruria, bufera sul Pm Rossi ma lui contrattacca e scrive a Casini: ho detto tutto

Lo accusano di aver nascosto che Boschi e gli altri fossero indagati per falso in prospetto. Lui nega e sfoggia l'audizione. "Risposta chiara ed esauriente" replica Casini

Il procuratore Rossi col presidente della commissione Casini

Il procuratore Rossi col presidente della commissione Casini

Arezzo, 5 dicemre 2017 - È anclora una volta, come giovedì scorso in commissione banche, il giorno del procuratore di Arezzo Roberto Rossi, il «grande accusatore» del caso Etruria. La mattina nella bufera, con richiesta di deferimento al Csm, perché gli viene contestato di aver taciuto in Parlamento sul fatto che Pierluigi Boschi è indagato (falso in prospetto e ricorso abusivo al credito, insieme al resto del cda) per le obbligazioni emesse dalla banca aretina nel 2013, la sera protagonista della scena mediatica con la lettera di risposta che invia al presidente della commissione Pierferdinando Casini: non sono io che l’ho taciuto, è chi mi accusa che non ha voluto capirlo («con addebiti gravemente offensivi»), come si capisce dal verbale della seduta.

Segue appunto, nella lettera, il testo integrale di alcuni momenti dell’audizione. Dopo un’ora e 10 di domande e risposte, dunque, il deputato 5 stelle Alessio Villarosa chiede, a proposito di un altro filone d’indagine che ha lambito papà Boschi, quello sulle sofferenze diventate ipotesi di bancarotta nell’udienza preliminare in corso: «Procuratore, lei ha detto che ci sono 14 persone del cda (compreso Boschi, ndr) che non risultano indagate...».

Il procuratore lo corregge: «No, non rinviati a giudizio», nel senso che i 14 non sono sotto processo davanti al Gup. «E quindi – replica Villarosa – potrebbero essere indagati». Rossi, a questo punto risponde «sì» e annuisce con la testa. Lasciando quindi intendere che il papà della sottosegretaria resta indagato, sia pure non rinviato a giudizio, e anzi avviato a una probabile richiesta di archiviazione. Villarosa risponde: «Ok».

Il magistrato aretino torna sulla questione dopo 3 ore e 18 minuti di audizione: «Cerco di essere il più chiaro possibile, qui non stiamo parlando di rinviati a giudizio, stiamo parlando di indagati», ribadendo ancora la distinzione fra i 31 ex amministratori già in udienza preliminare e i 14, compreso Boschi, che per ora restano iscritti nel registro degli indagati».

Tocca poi, dopo 3 ore e 20 minuti, al caso delle subordinate per il quale il padre della sottosegretaria è ancora una volta indagato, come è trapelato ieri: «Le domande – recita il verbale dell’audizione – proseguono sul falso in prospetto... nel corso di tale sessione nessuno rivolge domande sulle persone oggetto di indagine». Il sottinteso di Rossi è evidente: io l’ho detto che c’era un’indagine sulle subordinate, ma la commissione non mi ha chiesto chi la procura avesse iscritto come indagato, nessuno insomma ha domandato se era coinvolto anche Boschi.

E il magistrato non poteva rispondere su quello che non gli era stato chiesto. «Non ho nascosto nulla circa la posizione del consigliere Boschi, ho precisato che non essere imputati non significa non essere indagati». CasiniI in serata ne dà atto al procuratore in una dichiarazione: «La lettera è chiara ed esauriente». Anche Villarosa dice che Rossi ha ragione: «Abbiamo capito tutti bene... c’erano anche degli indagati». Ma altri 5 stelle non sono d’accordo: «Io – contesta Carlo Sibilia – le domande le ho fatte senza risposta».

Andrea Augello di «Idea», parla di «lettera ridicola» e chiede il deferimento al Csm. Duro anche Giovanni Paglia di Sinistra Italiana: «Rossi racconta favole, torni in commissione». Chi attacca ricorda che il procuratore è stato consulente di Palazzo Chigi nominato dal governo Letta e confermato da Renzi: cessò dall’incarico all’albore dell’inchiesta Etruria. Chiudono due big di M5s. Alessandro Di Battista: «Rossi ha la stessa credibilità della Boschi: zero»; e il candidato premier Di Maio: «Deferimento? Deciderà il Csm».