Etruria bancomat dei vertici, Santoni: "Boom deteriorati poi la mancata fusione e il crac"

Il liquidatore di Bankitalia teste chiave del processo: crediti in conflitto di interesse degli amministratori. Da Sacci allo Yacht, le grandi sofferenze

Giuseppe Santoni

Giuseppe Santoni

Arezzo, 20 settembre 2019 - E’ stato il grande accusatore delle malefatte di Banca Etruria, è diventato oggi il primo testimone chiave della procura nel maxi-processo per bancarotta che entra nel vivo dell’istruttoria. Giuseppe Santoni, il professore universitario che nel novembre 2015 Bankitalia volle come liquidatore della vecchia Bpel, ha ricostruito passo passo il lungo cammino di via Calamandrei verso il crac.

Tutto, ha spiegato, inizia nel 2007, gestione Faralli, quando la banca persegue una politica di acquisizioni, di acquisto sportelli   e di ingrandimento (Del Vecchio, Lecchese) che è però minata da una scarsa redditività. Il 2009 è un anno chiave: prima c'è il passaggio della direzione da Berni a Bronchi, poi la notte dei lunghi coltelli culminata nel defenestramento di Faralli a vantaggio di Fornasari con il voto a maggioranza del cda (8-7).

Santoni ha ricordato la prima ispezione del 2010 che si limita a riscontrare solo alcune anomalie: e poco dopo prende il via l'escalation delle sofferenze e dei crediti deteriorati. Nel 2013, riferisce Santoni, le sofferenze ammontano al 18% e i deteriorati al 33%, fino a salire al 40 al momento della risoluzione. Centrale, nella ricostruzione del liquidatore, la lettera che Bankitalia invia a Etruria nel dicembe 2013, quella in cui si chiede la fusione con una banca di elevato standing. Fusione che non avviene con Vicenza , secondo Santoni,  per scarsa volontà dei vertici dell'istituto, peraltro supportati dalle prese di posizione del territorio.

Il cammino, spiega il liquidatore, è ormai in una china irreversibile e si arriva, nel corso del drammatico cda del febbraio 2015 che dovrebbe approvare un bilancio in perdita di 500 milione con sostanziale azzeramento del capitale, alla sospensione dello stesso da parte degli uomini di Bankitalia e al successivo commissariamento.

L'ultima parte della testiomonianza di Santoni è dedicata ai grandi crediti finiti in sofferenza, da Sacci (49 milioni di perdite su 62 erogati) allo Yacht (25 miioni in fumo) e alla San Carlo Borromeo, altri 22 milioni perduti). Il liquidatore dedica particolare attenzione ai crediti erogati in conflitto di interesse, cioè a quelli che sono andati a società legati agli amministratori. In tutto 180 milioni deliberati di cui 140 erogati con una perdita di una settantina di milioni. Etruria, accusa, è stata usata come un bancomat da chi avrebbe dovuto gestirla.

La relazione di Santoni di insolvenza si è trasformata nella chiave di lettura che il pool di Pm coordinato dal procuratore Roberto Rossi ha utilizzato per interpretare le grandi sofferenze dell’istituto sprofondato nel crac e per contestarle come episodi di bancarotta, fraudolenta per i casi più gravi, colposa per gli altri.

Un capo di imputazione che accomuna un ex presidente, Lorenzo Rosi, due ex vice, Giorgio Guerrini e Giovanni Inghirami, più un manipolo di consiglieri d’amministrazione, sindaci revisori e dirigenti. Non a caso, la procura, cui spetta l’onere della prova, comincia proprio da Santoni, la cui versione dei fatti andrà avanti probabilmente per più di un’udienza: un paio per le domande dei tre Pm d’aula, Andrea Claudiani, Julia Maggiore e Angela Masiello, almeno un’altra per i controinterrogatori della difesa. Una maratona.

Stamani i pubblici ministeri sono partiti dalle generali: lo stato di Banca Etruria, le prime criticità, già intorno al 2010, le ispezioni della Banca d’Italia, da quella che si concluse con esito parzialmente sfavorevole nel 2010 appunto, ma erano ancora rose e fiori rispetto a ciò che sarebbe venuto dopo, a quelle che fecero letteralmente a pezzi la conduzione di Bpel, prima con Emanuele Gatti, rimasto in via Calamandrei per circa un anno, e poi con Girolamo Di Veglia, fino oltre il commissariamento del febbraio 2015. Del resto, i due capi ispettori saranno a loro volta testimoni d’accusa al processo.

Di seguito, ma chissà se basterà la giornata di oggi, Santoni entrerà nelle singole contestazioni, molte delle quali corrispondono ai capitoli della sua relazione. A partire dal finanziamento allo Yacht Etruria, 25 milioni perduti per un panfilo che ancora arrugginisce nel porto di Civitavecchia. E come dimenticare la storia della San Carlo Borromeo, il relais di lusso del guru Armando Verdiglione, per il quale il professore evidenzia come la banca abbia erogato un’altra ventina di milioni in cambio di un’ipoteca di quarto grado? Praticamente carta straccia.

Quanto alla Sacci, sono ancora una cinquantina di milioni, la più grossa perdita singola di Etruria, andati al gruppo guidato da un consigliere della banca come Augusto Federici. In tutto, Santoni stima operazioni fallimentari per circa duecento milioni, una voragine, anche se non basta da sola a spiegare il crac finale.

Una giornata drammatica, insomma, che servirà a spiegare come Etruria sia finita in liquidazione. Santoni, per ora, non lo conosce nessuno, visto il basso profilo che ha sempre tenuto. Di lui non c’è nemmeno una foto, se non una vecchia immagine in bianco e nero. Da oggi, però, dovrà uscire allo scoperto: il suo j’accuse è un pezzo forte