Etruria, è sprint indagini. Boschi: altri 17 archiviati con lui, cosa resta a suo carico

In tre anni la vicenda del crac è arrivata quasi alla definizione di tutte le responsabilità. La liquidazione di Bronchi e il caso delle consulenze

La protesta dei risparmiatori di Banca Etruria

La protesta dei risparmiatori di Banca Etruria

Arezzo, 24 febbraio 2019 - Il decreto di archiviazione del Gip Fabio Lombardo per Babbo Boschi e altri 17 ex amministratori accusati di falso in prospetto, rivelato in esclusiva ieri da La Nazione, è uno dei segnali che le indagini sul crac Etruria, dopo tre anni di lavoro da parte del pool apposito costituito in procura, sono ormai in dirittura finale. I Pm tirano le fila del lavoro svolto e chiudono gli ultimi filoni ancora rimasti.

O con la richiesta di proscioglimento, appunto, come per quasi tutto il Cda del 2013 che approvò sì l’emissione delle subordinate azzerate dal decreto Salvabanche del 2015 ma poi non si occupò della redazione del prospetto per la Consob nel quale sarebbero state contenute le informazioni ingannevoli per il mercato, o con l’avviso di fine inchiesta che prelude alla richiesta del processo. Il grosso, del resto, è ormai alle spalle.

Per la bancarotta, il filone principale, quello sul quale il pool si giocava la vera partita, il procuratore Roberto Rossi e i suoi sostituti Andrea Claudiani, Julia Maggiore e Angela Masiello, hanno già ottenuto quattro condanne (fra cui quelle dei soliti Giuseppe Fornasari, ex presidente, e Luca Bronchi, ex dg) nonchè una raffica di 25 rinvii a giudizio.

Il processo comincia ad aprile e il pool già si prepara a sostenere l’accusa nei confronti del plotoncini di big fra i quali spicca l’ultimo presidente Lorenzo Rosi. Anche il caso della cosiddetta truffa Etruria, cioè il collocamento delle subordinate al grande pubblico con criteri considerati oltre la legge, è vicino all’epilogo dopo un anno di processo. Sentenza il 21 aprile.

Aver sostanzialmente chiuso le due vicende più scottanti a soli tre anni dalle prime iscrizioni nel registro degli indagati, che sono del febbraio 2016, viene giudicato a Palazzo di giustizia come un buon risultato: siamo i primi, dicono fonti vicine al pool, ad aver ottenuto condanne per i crac bancari del 2015-2016. Restano tuttavia da definire alcuni filoni.

Il falso in prospetto, ad esempio, è ancora alle prime battute. In procura c’è una certa irritazione per le notizie di ieri sull’archiviazione di Boschi, perno mediatico del groviglio Etruria: non abbiamo chiesto il proscioglimento solo per lui, si fa notare, ma per tutti i consiglieri e revisori dell’epoca che si affidarono al direttore generale per redigere il prospetto.

C’è poi la questione della liquidazione Bronchi. I Pm hanno fatto proprial’impostazione del Gip Anna Maria Lo Prete, secondo la quale la bancarotta in materia si poteva addebitare solo all’ex Dg (condannato appunto) e al presidente Rosi suo interlocutore (rinviato a giudizio). Tutto il resto dell’ultimo Cda, Boschi compreso, resta a bagnomaria, in attesa di una richiesta di archiviazione giudicata probabile ma ancora non formalizzata.

E rimane in sospeso pure un’altra ipotesi di bancarotta, quella delle consulenze contestate dalla Banca d’Italia. E’ un filone mai separato dal fascicolo madre, in cui sono indagati tutti i vip di Etruria, ancora una volta compreso Boschi. Ma anche qui l’archiviazione pare lo scenario più probabile.