Da "paradiso" turistico a discarica di rifiuti: alla luce quintali di eternit

La parabola di Albiano dopo l'intervento dei carabinieri forestali e la scoperta degli scarti pericolosi

Carabinieri forestali

Carabinieri forestali

Arezzo, 24 marzo 2018 - Da possibile paradiso turistico a discarica di rifiuti anche pericolosi. Questa l’ingloriosa fine che ha fatto Albiano, la località del comune di Anghiari, vicino alla Motina, che proprio trent’anni fa era destinata a diventare uno dei fiori all’occhiello della vallata. Una ventina di immobili, comprensivi anche di capannoni e rimesse, ridotti al degrado più completo: alcuni di essi, addirittura, sono in parte crollati e sia fuori che dentro è stato rinvenuto di tutto, a cominciare dai circa otto quintali di eternit che già la dicono lunga.

E poi fusti in lamiera, pneumatici, contenitori in plastica e vetro, detriti da demolizione e rifiuti ferrosi: tonnellate di roba concentrate nei sei ettari sequestrati di una proprietà appartenuta alla famiglia Buitoni e da qualche anno passata nelle mani di una società di costruzioni, il cui legale rappresentante – un bergamasco sulla sessantina – è stato deferito.

Da tempo, i carabinieri forestali di Sansepolcro avevano puntato le attenzioni su quest’area e alla fine sono dovuti intervenire, coinvolgendo la Procura di Arezzo e l’Arpat, che analizzerà in laboratorio i campioni di rifiuti prelevati. E pensare che nel 1988 la Regione approvò l’ambizioso progetto di Albiano, che prevedeva la realizzazione di 23 residence di lusso: un investimento da 15 miliardi di lire per un’operazione davvero forte dal punto di vista turistico, economico e occupazionale.

Lo sviluppo della Valtiberina sarebbe dovuto passare anche per il complesso di Albiano, ma perché poi non se ne fece nulla? Franco Talozzi, oggi 80enne, era il sindaco anghiarese di allora, che a causa di Albiano ruppe con l’allora Pci. «Il mio partito si mise di mezzo, arrivando fino ad Achille Occhetto – ricorda Talozzi – e quando io e l’assessore Domenico Baggi andammo alla riunione del comitato federale, il sottoscritto ebbe il coraggio di rispondere al segretario toscano del Pci.

Avevo l’ok unanime per Albiano da parte del consiglio comunale e dissi che contro il mio paese non sarei andato. Mi avevano giustificato il «no», precisando che Anghiari non sarebbe stata in grado di gestire un’operazione del genere. E quando la Provincia di Arezzo si arrogò la pretesa di dover prendere in mano la cosa, mi inferocii letteralmente, facendo barriera. Sta di fatto che al congresso del ‘90 cacciarono fuori dal partito sia il sottoscritto che Baggi. Presi allora la parola e li trattai a pesci in faccia: per me contava solo la volontà di Anghiari».