SALVATORE MANNINO
Cronaca

Crolla la produzione industriale: meno 20% Solo nel 2027 il Pil tornerà ai livelli pre-Covid

Uno studio dell’Irpet: in Toscana fa peggio solo Prato, l’altro grande polo del manifatturiero. Ora e moda in sofferenza, la caduta dipende principalmente dall’export. Si scontano adesso i mesi del primo lockdown con le fabbriche quasi tutte chiuse

di Salvatore Mannino

Un crollo così nel dopoguerra forse non si era mai visto, neppure nelle due grandi crisi del 2008 (Lehamn Brothers) e del 2011 (debito sovrano). Recessioni di origine essenzialmente finanziaria, che avevano investito sì anche la produzione industriale ma non al punto di farle fare un Grande Balzo all’Indietro (l’assonanza col Grande Balzo in Avanti della Cina di Mao non è puramente casuale) del 20,3 per cento. Almeno questa è la cifra di caduta che stima l’Irpet, l’istituto regionale di programmazione economica, per i primi nove mesi del 2020, dal gennaio della normalità pre-Covid al settembre che pareva della ripresa parziale, passando per i mesi durissimi del lockdown, quando la gran parte delle fabbriche aretine si era fermata.

Peggio, in una Toscana in cui la media di discesa è del 17 per cento, fa solo Prato col 23 e spiccioli e non è un caso forse che la Caporetto della produzione investa i due principali centri manifatturieri della regione insieme a Firenze, che però ha un’economia più articolata, con una forte presenza di servizi e turismo, peraltro in fortissima difficoltà anche loro.

Sono le anticipazioni del rapporto Irpet che uscirà lunedì, insieme a quella sulla debacle del Pil toscano, che ci metterà altri sette anni, fino al 2027 per tornare ai livelli pre-Covid. Una generazione perduta, se volete, una generazione che dovrà scarpinare solo per tornare dove eravamo prima del precipizio. Anticipazioni Irpet sui Pil provinciali non ce ne sono, ma ci sono altri centri di ricerca, come Cerved e Prometeia che le stime le avevano fatte nelle settimane scorse, tutt’altro che ottimistiche: peggiore quella di Cerved, che prevedeva un calo fra 1,3 e 1,7 miliardi a seconda degli scenari, un po’ migliore quella di Prometeia, che si fermava al meno 10, con un prodotto interno in discesa di quasi un miliardo ma non sopra il miliardo. Detta in altri termini, come ripiombare indietro di botto fino al 2008, dodici anni bruciati in meno di dodici mesi.

C’è qualcuno, tuttavia, che sul crollo della produzione industriale è un po’ più prudente, come il direttore di Confindustria Arezzo Alessandro Tarquini: "Così a prima vista io sarei leggermente più cauto. E’ vero che moda e oro hanno accusato il colpo, ma l’alimentare e anche la meccanica hanno tenuto".

In effetti, i due settori che hanno sofferto e più ancora soffrono sono proprio i gioielli e la moda, con cadute della produzione stimate fra il 50 per cento dei primi e il 30 della seconda, mentre gli altri comparti industriali sono più o meno in pareggio rispetto allo stesso periodo (gennaio-settembre) del 2019. Non si tratta comunque di una caduta rettilinea e costante, ma piuttosto a picchi, caraterizzata da due mesi iniziali normali, dal crac del lockdown di marzo e aprile, dalla ripresa difficile di maggio e giugno e poi da una fiammata positiva in estate. Ora, con la seconda ondata, siamo di nuovo in rallentamento. Bisognerà capire quanto pesa nel rendiconto di fine anno.