Crisi Sean, sindacati a difesa di 66 dipendenti

La cooperativa che gestisce alcuni centri diurni in Valtiberina è in forte crisi. "Chi subentra dovrà farsi carico anche delle maestranze"

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Chi subentra al suo posto dovrà farsi carico anche del pregresso e garantire l’occupazione ai lavoratori. Su questo, i sindacati sono inflessibili. È crisi nera, dopo 40 anni esatti di vita, per Sean cooperativa sociale, i cui operatori offrono servizi di elevata qualità nella gestione dei centri diurni di Anghiari, Badia Tedalda e Caprese Michelangelo; della casa famiglia e del centro diurno psichiatrico di Sansepolcro e della struttura di Casa di Rosa per diversamente abili, sempre nella città biturgense, non dimenticando i nidi d’infanzia e i centri di gioco educativi. I conti – quelli nel vero senso della parola – non tornano e sono state rilevate discrepanze fra quelli comunicati. "Noi siamo e saremo dalla parte dei lavoratori", ha detto Marco Salvini, segretario della Cisl di Arezzo, con riferimento alle 66 unità di Sean, la cui questione è stata affrontata in un incontro tenutosi alla presenza del Prefetto di Arezzo, Anna Palombi; delle rappresentanze sindacali di Cgil e Cisl e del liquidatore. "Abbiamo ribadito tutti insieme il convincimento che sia data continuità ai lavoratori – ha detto Salvini – e che quindi debba essere applicato l’articolo 2112 del Codice Civile". "A monte vi è stata una serie di errori, sottolineata dallo stesso liquidatore – ha precisato ancora Salvini – per cui i lavoratori debbono essere salvaguardati, tanto più che svolgono un servizio socio-assistenziale molto importante, affidato a soggetti privati e che in alcune realtà è gestito direttamente dai servizi pubblici (enti locali), che non possono chiamarsi fuori da cetre responsabilità".

Anche la segretaria di Fisascat Cisl, Maria Rosaria Esposito e i legali di Cgil e Cisl che hanno seguito la questione ribadiscono che con il liquidatore sono state fatte delle trattative e che il sindacato si è reso disponibile a valutare una deroga del 2112, a condizione che ai lavoratori fosse fornita una garanzia in relazione al pagamento del trattamento di fine rapporto. Nei vari incontri è stato richiesto di ricorrere alla dichiarazione di crisi aziendale, visto che l’Inps riconosce in questi casi l’accesso a un fondo di garanzia, come espressamente previsto dalle circolari dell’istituto. Procedura che avrebbe salvato ad esempio il tfr dei lavoratori, ma le organizzazioni sindacali si sono sempre trovate di fronte un muro. "Ora – concludono dalla Cisl – non sottoscriviamo nessun accordo".