Covid, le storie: "Il mio infinito incubo in terapia intensiva"

Il racconto di Paolo Pacielli, direttore di Radio Effe, tornato a casa dopo 43 giorni di ospedale di cui una quindicina in Rianimazione. "Forse contagiato in treno"

Pacielli

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Arezzo, 30 ottobre 2020 - «Ho visto la gente morire, ho sognato due volte il mio funerale, non auguro a nessuno di fare la stessa strada che ho fatto io». Sono le parole che Paolo Pacielli, direttore e voce storica di Radio Effe, ha lanciato ieri mattina in diretta con un collegamento telefonico da casa sua. È qui che prosegue le cure dopo la «negativizzazione» al Covid-19 e soprattutto dopo essere uscito con le proprie gambe da un lungo ricovero in terapia intensiva.

«Il pensiero va a tutti gli operatori sanitari del San Donato che ringrazio di cuore – spiega Pacielli – sono stati straordinari, non potete rendervi conto di quello che succede là dentro, questo virus non va sottovalutato, diffidate dei negazionisti e anche da coloro che lo prendono sotto gamba, in due giorni da lievi sintomi sono finito in rianimazione e anche la storia che solo gli anziani rischiano è una bufala, io ho visto dai 30enni ai 50enni come me lì dentro e non ho mai sofferto di problemi respiratori».

È durato 43 giorni il ricovero dello speaker dell’emittente di Foiano della Chiana, nel mezzo ci sono stati i momenti più duri, ovvero le due settimane in terapia intensiva dove Pacielli è stato in gravissime condizioni, tanto che è stato sedato, intubato e «pronato». Si tratta delle ultime leve che attualmente i medici possono azionare per salvare la vita alle persone che si ammalano gravemente del nuovo coronavirus.

«Sono sempre stato scrupoloso, certo che per lavoro prendo il treno, ma non ho ancora capito come abbia potuto infettarmi – racconta il direttore – ho fatto il tampone perché non stavo bene, sono rimasto in isolamento per pochi giorni, poi ho chiamato il 118 e da allora non ricordo più nulla, il resto me lo hanno raccontato i medici una volta uscito. Sono entrato in malattie infettive, ma ci sono rimasto meno di mezza giornata e subito mi hanno portato in terapia intensiva».

Negli stessi giorni e per le stesse cause, anche l’anziana madre è stata ricoverata: «Il più grande rimorso è quello di aver esposto al pericolo i miei affetti – racconta Pacielli – in quei giorni non aveva la badante e mi ero trasferito da lei, per fortuna lei ha avuto una forma più lieve della mia, presto la dimetteranno, ma è stato un incubo».

Nelle due settimane da sedato e intubato ha visto una persona uscire dalla terapia intensiva dentro un sacco, di altri deceduti gli hanno parlato i vicini di letto. «Ho pregato per queste persone e anche per me – racconta commosso – sono stato fortunato, ho sognato due volte la scena del mio funerale, ho visto i medici lottare fino alla fine per salvare la vita alle persone, da fuori non ci si rende conto di quale guerra venga combattuta tutti i giorni dentro gli ospedali, dobbiamo essere responsabili e rispettare le regole».

Una volta uscito dalla terapia intensiva, dopo l’estubazione, Pacielli ha indossato il casco per l’ossigenazione e poi è stato trattato con gli alti flussi, poi la negativizzazione dopo una serie infinita di tamponi e quindi un breve ricovero in Medicina a La Fratta e ora da due giorni è tornato a casa: fra le più belle emozioni c’è stata quella di riaccendere la radio e sentire i jingle della storica emittente: «Ci vorrà ancora un mese – spiega – devo fare diversi accertamenti, non si conoscono ancora le conseguenze di lungo periodo del Covid è per questo che raccomando a tutti di non esporsi al rischio».