Covid, effetto stretta: giù il sipario sui Costanti, solo asporto per tanti locali

Pietro Brocchi delle Stanze: metterò un cartello «Grazie Conte». 12 dipendenti in cassa integrazione. Ritirata Crispi’s, Ristoburger e Naboo. I posti a rischio

Pietro Brocchi ai Costanti

Pietro Brocchi ai Costanti

Arezzo, 26 ottobre 2020 - La prima vittima c’è già, nella domenica che precede l’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm di Conte. Vittima illustre, peraltro, il Caffè dei Costanti, il più antico e prestigioso dei locali aretini, 210 anni di storia alle spalle. «Da oggi non riapriamo- annuncia il titolare Pietro Brocchi mentre prepara l’ultimo dì di festa delle Stanze - metterò un bel cartello, “Chiusi fino a data da destinare. Grazie Conte».

Ed è solo un puntino, per quanto importante, nella tempesta dei 1200 bar e dei 500 ristoranti aretini cui il decreto impone lo stop alle 18, il peggiore degli scenari che si erano delineati nel sabato della passione. I Costanti nel dopo-lockdown (ma anche prima, quando si era aggravata la crisi di un caffè con troppi costi e pochi incassi) avevano riaperto solo al pomeriggio e di notte, soprattutto nei weekend della Movida.

E’ chiaro che il dpcm dà il colpo di grazia. Di riconvertirsi non vale neppure la pena: «E come facciamo - domanda sarcastico Brocchi - ci mettiamo a vendere solo caffè, cappuccino e paste? Con tutti i bar che ci sono in giro? Di servire i pranzi non è nemmeno il caso di discutere, fuori dalla stagione turistica e con gran parte di chi lavora in ufficio, i nostri potenziali clienti, in smart working. La verità è che questo è un transatlantico, ha bisogno di grosse entrate per andare avanti. In queste condizioni è meglio fermarsi e mandare tutti in cassa integrazione. Stasera (ieri sera Ndr) divideremo le scorte con i dipendenti. Almeno loro porteranno a casa qualcosa».

Per la cronaca, sono dodici gli addetti del Caffè che da oggi si ritroveranno ancora in cassa, a 4 mesi da quando ne erano usciti in giugno. Ed è la punta dell’iceberg di una mazzata che potrebbe andare a bastonare almeno un migliaio (stima prudente) dei 3500 dipendenti del settore bar e ristorazione. Prendiamo ad esempio Stefania Cini, erede del gruppo omonimo: bar con annessa pasticceria in via Lorenzetti, bar del Palazzo di giustizia, più i punti di ristoro del Palaffari:

«Per fortuna - prova a consolarsi - che abbiamo salvato almeno le domeniche, sarebbe stata la fine della pasticceria. Ma quel poco di aperitivi da movida che ancora resistevano fino alle 21 sparisce col decreto. A Palazzo di giustizia ci affonda lo smart working. I dipendenti? Difficile tenerli tutti, qualcuno non è neppure mai rientrato dalla cassa di prima».

I conti per tutti li fa Federico Vestri, Crispi’s in via Crispi (aveva appena varato un piano di ampliamento) e Ristoburger alla multisala, uno dei Signori della Notte nonchè presidente dei ristoratori di Ascom: «Io ci voglio mettere tutto l’ottimismo del mondo e non mi arrendo. Ma a questo punto non mi resta che chiudere e lasciare solo l’asporto (come il Naboo, altro locale della notte Ndr) .

Ho venti dipendenti, me ne basteranno quattro, gli altri li devo mettere in cassa integrazione. Capisco che il momento è grave, ma siamo sicuri che gli untori siamo noi, con i nostri tavolini a distanza e non quegli assembramenti dei trasporti pubblici nei quali il virus resta libero di propagarsi? Fosse un sacrificio necessario, direi chiudeteci e ristorateci. Ho paura però che non serva.

Comunque, dice Vestri, «ora servono indennizzi basati sulle vere perdite di fatturato. E anche che ci tolgano le tasse. Un altro problema grosso sono gli affitti: continuiamo a pagare in base agli spazi, mica ci fanno lo sconto sulla perdita di clienti».

Trasferire il business nell’orario di apertura fino alle 18 è un piano che il giovane presidente giudica irrealistico: «I pranzi veloci sono stati uccisi dallo smart working. Non c’è più spazio nemmeno per chi li faceva prima, figurarsi per chi arriva ora sul mercato. E poi il pasto di mezzogiorno vale al massimo il 20 per cento del fatturato». E fosse solo la sua situazione. Ci sono 1700 colleghi con gli stessi problemi.