Covid a valanga, sindaco: "Siamo a rischio lockdown". E firma la stretta mascherine

Obbligo di portarle all'aperto ovunque. 78 casi, record di 31 in città con 7 ricoveri, Rsa sotto attacco. Altri 46 test incerti, oggi l'esito. Qui più tamponi che nel resto della Asl

Alessandro Ghinelli

Alessandro Ghinelli

Arezzo, 15 ottobre 2020 - Senza tregua. Il Covid non allenta la morsa, non concede neanche quelle pause che nei primi mesi dell’epidemia aprivano spiragli a sorpresa. Anche ieri 78 casi, record in provincia e record per la città, che in 24 ore ne registra trentuno. Non cala la pressione sull’ospedale: 41 pazienti, sei in terapia intensiva e sette ricoveri immediati al San Donato che dovrebbero già oggi appesantire il dato.

Si dissipa un po’ di nebbia sul giallo dei numeri di martedì: ci sono 46 tamponi a bassa carica virale che la Regione considera e la Asl, correttamente, non mette con gli altri e dei quali oggi avremo il responso definitivo. E intanto sulla forbice con Siena e Grosseto una prima risposta arriva dal direttore generale Antonio D’Urso. «Ho verificato che il numero dei tamponi eseguiti in provincia è nettamente superiore alle altre, nell’ordine di un terzo in rapporto alla popolazione».

Un piccolo sollievo e un grande grido d’allarme nella cronaca di un’altra giornata nera. L’allarme del sindaco Alessandro Ghinelli, prima in un’intervista a Radioeffe e poi direttamente al nostro giornale. «Con questi dati stiamo rischiando un lockdown selettivo: siamo sul filo del rasoio». Un lockdown mirato su Arezzo. «La chiusura totale di primavera era parsa inutile in tante parti d’Italia: ora a farsi strada è l’ipotesi di concentrarle sui territori più colpiti. E ci siamo anche noi».

Dato che Ghinelli commenta con amarezza. «Sono preoccupato e in un clima dove in tanti continuano a negare il problema. Dobbiamo reagire». Come? La prima mossa è la stretta sulle mascherine.«Dovrei firmarla stasera (ieri per chi legge): voglio togliere i dubbi lasciati in sospeso dal decreto Conte, rendere obbligatorio il presidio all’aperto, nella città murata e oltre».

I dettagli nel pomeriggio erano ancora allo studio. «Il decreto chiede di indossarle lì dove non ci sia la certezza continuativa della distanza: beh, perfiino in centro, dove sembrano esserci grandi spazi vuoti, questa certezza non c’è. E quindi la mascherina non va portata dietro ma indossata: nella città murata e anche oltre». Un fronte davanti al quale i numeri di giornata sono grandine sul bagnato.

E’ iniziato l’attacco alle prime Rsa: ci sono due casi ad Arezzo, 81 e 90 anni, quindi ospiti e non dipendenti. Ce n’è uno a Castelfranco: un anziano positivo. Da qui i tamponi su tutti gli ospiti, finora negativi. Un vortice che ci riporta esso stesso al clima di marzo e aprile. A fronte, certo, di un numero di tamponi neanche paragonabile. Lo dicevamo nei giorni scorsi, oggi è nettamente superiore.

Nel mirino le scuole, che però restano una porzione del contagio non prevalente: anche se altre classi di elementari e medie in città pagano dazio, e così in altri centri della provincia. Non tutti i presidi escono allo scoperto e così il dato reale rischia di disperdersi tra il passaparola nei vari comuni e gli allarmi Facebook contro i quali nessuno è in grado di difendersi.

Basterebbe indicare con chiarezza le classi in quarantena, la trasparenza è essenziale per dominare il fenomeno sul quale non ci sono responsabilità di questo o di quello. Almeno i due terzi dei contagi nascono e crescono in famiglia: lo dimostra il numero di casi che si sviluppano da un primo positivo, lo dimostra il numero di bambini e neonati che continuano ad affollare il report.

Ma ce ne sono anche tra aziende e uffici, in un effetto domino che procede progressivamente dappertutto. Diciassette i comuni con almeno un caso anche ieri. E da ieri i positivi in provincia superano quota mille, sono 1022. Ancora pochi rispetto a 350 mila abitanti. Ma abbastanza per far crescere l’angoscia che monta in giro.