Ex Lebole, "contratti idonei a partire". Fonti vicine ai Carrara: non siamo avventurieri

Il partner della grande distribuzione è la chiave decisiva: tra le ipotesi spuntano Lidl e Auchan. Il terzo tempo dei residenziale: il progetto delle due torri

Il rendering sull'area Lebole

Il rendering sull'area Lebole

Arezzo, 24 marzo 2019 - «Non siamo avventurieri». Marco Carrara, il capovoga della famiglia pistoiese di imprenditori della carta che da quasi vent’anni è impegolato nell’avventura Lebole, non parla neppure sotto tortura. Solo quella frase, affidata a fonti a lui vicine, per dire che l’annuncio dell’avvio dei lavori sull’area, una delle più grosse operazioni immobiliari mai tentate ad Arezzo, non è una fuga in avanti, non è una mossa della disperazione, non è il colpo di testa di chi parte ad occhi bendati sperando di trovare per strada i partner commerciali pronti a subentrare ad Esselunga, che dalla barca era scesa prima ancora del colpo di remo iniziale.

«Abbiamo venduto quanto è sufficiente per partire», spiegano le stesse fonti. A chi? Carrara e i suoi osservano rigorosamente la regola del silenzio. Restano dunque solo i mormorii di chi sta nell’ambiente: il posto di Esselunga, ridimensionato come da revisione del progetto approvata in Comune, potrebbe prenderlo un’altra catena della grande distribuzione. Non italiana, è il pronostico generale, ma di importazione, i nomi vanno da Auchan a Lidl da Carrefour a Intermarchè (che in città non sono presenti) ma sono solo alcune delle indiscrezioni che si fanno.

Di certo, riempire la casella del supermercato che dovrebbe fare da calamita per tutto il resto è una mossa decisiva nel Monopoli ex Lebole. Senza quella, senza l’attrazione di un’area commerciale che porti il movimento di clientela destinato a far da traino, è l’intero piano che zoppica.

Lo dicono a chiare note anche fonti vicine alla famiglia Butali che ha un preliminare dal 2006 per un altro punto di vendita della catena Euronics: vogliamo vedere le carte sul tavolo, la situazione di mercato è completamente cambiata rispetto a 13 anni fa, altrimenti potremmo riconsiderare tutto. Fin troppo intuibile che la posizione di Globo, il terzo perno della futura area Lebole, almeno nel progetto di partenza, non sia molto diversa.

Del resto, neppure i Carrara fanno conto di guadagnare su questa primissima fase, quella dei partner iniziali del Risiko Lebole. Vendere una parte sufficiente ad avviare i lavori, spiegano ancora fonti vicine alla famiglia, non vuol dire guadagnarci sopra, serve piuttosto a creare i presupposti per vendere anche il resto. Come a dire un’operazione in due tempi: il primo serve a reperire le risorse per aprire il cantiere, il secondo, se il meccanismo si mette in moto, porterà il profitto dell’intero business.

C’è poi il terzo tempo, quello che a suo tempo aveva fatto luccicare il progetto nel suo complesso, ovvero le due torri-grattacielo che erano il punto qualificante del masterplan varato dagli architetti Gianluca Peluffo e Alfonso Femia, presentato in gran spolvero ai tempi della prima giunta Fanfani. Lì siamo ancora ai preliminari dei preliminari, perchè il piano originale prevedeva che di torri si sarebbe parlato solo quando l’operazione avrebbe cominciato a generare utili sufficienti ad essere reinvestiti per finanziare il resto.

Per ora, dunque, non c’è niente di concreto, eppure è quello il tocco che fa dell’area Lebole un biglietto da visita per l’intera città. Senza, resta solo un altro centro commerciale disperso in periferia.