Contagio, nasce al San Donato il test in quindici minuti sulla gravità del Covid

I risultati del team di Ognibene all’autorità internazionale. Il prelievo accerta in breve la sua carica aggressiva. D'Urso: «indice prognostico delle conseguenze cliniche».

Agostino Ognibene

Agostino Ognibene

Arezzo, 2 aprile 2020 - D’obbligo la prudenza ma da Arezzo sta prendendo il largo un test di laboratorio che potrebbe risultare decisivo nelle strategie per la diagnosi precoce del Covid-19 e soprattutto per la carica aggressiva dell’agente infettante. Un team di professionisti, capitanati da Agostino Ognibene che è il direttore dell’area laboratorio della Asl Sudest con sede ad Arezzo, stava lavorando da tempo su un test per la sepsi che si sta rivelando utile nell’attuale fase dell’emergenza, tanto che è stato sottoposto all’autorità internazionale e inviato per la pubblicazione a una prestigiosa rivista di medicina, Lancet, in attesa della valutazione dei referee.

Si tratta di un prelievo di ematico per valutare la distribuzione dei monociti, cellule ematiche che reagiscono prima di altre a un agente infettante. «Lo abbiamo testato su alcuni pazienti - spiega Ognibene - e ha dato risultati interessanti. Viene misurato un parametro appunto legato alla distribuzione dei monociti e al tipo di modificazioni che avvengono in presenza di un virus.

Virus che non necessariamente è il Sars Cov2 (virus che causa il Covid-19) ma che in questo periodo lo è nella stragrande maggioranza dei casi». Il test viene condotto su malati che si presentano al pronto soccorso con problemi respiratori, di solito già risultati positivi al tampone che stabilisce solo se il virus c’è o no.

Il prelievo ematico, invece, accerta nel giro di pochi minuti non solo la presenza di una reazione dell’organismo verso un agente virale ma permette la determinazione degli anticorpi, in una strategia diagnostica più efficace da poter confermare poi con il tampone.

E se gli esiti dello studio confermeranno la validità dell’indice in relazione alla gravità della malattia, ciò consentirebbe, come dice il direttore generale Antonio D’Urso, di utilizzarlo come «un indice prognostico della gravità clinica». Consentendo di indirizzare il paziente nella giusta area medica. La procedura testa dunque la risposta dell’organismo e va a vedere quale modificazione abbia subito la cellula monocitaria, stabilendo l’aggressività del virus infettante.

Il passo in avanti è notevole, consente risparmio di tempo, di personale e di denaro (l’iter del tampone prevede, fra tutto, un lavoro complessivo di sette-otto ore); e soprattutto permette di inquadrare subito lo stato reattivo del paziente. Accanto a Ognibene sono impegnati i reparti di malattie infettive (Danilo Tacconi), pronto soccorso (Giovanni Iannelli), Pneumologia (Raffaele Scala), Rianimazione (Marco Feri)