Compie 18 anni e il mondo le crolla addosso

1943, Egizia comincia a scrivere: le macerie della casa bombardata, la morte della madre. Poi la risalita alla liberazione e a un’amara normalità

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di Gloria Peruzzi

I diciotto anni sono una meta da raggiungere. Un’età in cui si ripongono i sogni e le speranze della vita ‘da grandi’. Si comincia a ‘camminare’ da soli verso ciò che abbiamo desiderato fin da bambini. Diciotto anni è l’età che rammenta vivide emozioni anche quando, da anziani, la memoria rende più limpidi degli attuali, i ricordi della giovinezza. Un momento della vita importante, vissuto come uno dei primi traguardi da raggiungere, un trampolino verso la vita adulta che resterà per sempre nella nostra memoria.

Egizia Migliosi, fiorentina nata nel 1925 e morta nel 1989, comincia a scrivere il suo diario proprio nel giorno del diciottesimo compleanno, l’alba di una nuova vita che la giovane si augura piena di bellezza e di cose nuove. E’ la sorella Gigliola, che esaudisce il desiderio di Egizia e le regala un diario. "L’età raggiunta" è il racconto quotidiano delle gioie, i divertimenti, le amicizie, il lavoro, gli amori vissute da una ragazza dal giorno del suo compleanno, il 27 luglio del 1943: "Da oggi voglio esprimere su queste pagine i miei sentimenti, le mie impressioni, i miei pareri su tutto ciò che mi porti gioia e anche dolore".

Egizia Migliosi per cinque anni, fino al 1947, ha scritto un meticoloso racconto quotidiano. Anche se, purtroppo, "l’età raggiunta" le farà scoprire la brutalità della guerra, l’occupazione nazifascista, la mancanza di acqua e cibo, l’inizio dei bombardamenti sulle sponde dell’Arno, i ponti saltati: "Non siamo potuti uscire nemmeno per andare a prendere l’acqua. Ci troviamo così con poca acqua non sapendo fino a quando dovrà bastare (…) Speriamo che presto si esca da questo cerchio di tristezza perché non potremmo resistere a lungo".

Sono pagine drammatiche quelle che la giovane fiorentina scrive in quegli anni, i più atroci della storia del nostro paese che irrompono sanguinari anche nella sua vita e spazzano via dalle pagine del diario la spensieratezza iniziale. Egizia si troverà a scrivere della perdita della madre sotto le macerie della sua casa bombardata: "… davanti ai miei occhi si presentò la mia casa in un cumulo di macerie. Si vide una persona che per il primo momento stentai a riconoscere.

Ma la manica del suo vestito che in un punto era rimasta senza polvere non mi fece dubitare neppure un istante sulla crudele realtà. Corsi sul posto e chinandomi intontita verso di lei le presi la mano. Mentre le tolsi dal dito il suo anello matrimoniale constatavo con orrore la freddezza della subitanea morte che l’aveva colpita. Poi qualcuno mi trascinò via e il resto fu molto triste e rimarrà sempre scolpito nella mia mente per tutta la vita". Le pagine che seguono alla liberazione di Firenze, l’11 agosto del 1944, riprendono con cautela a parlare di un ritorno alla normalità.

Le campane che al mattino tornano a suonare, pur nell’incertezza di quei giorni, sono rassicuranti come il passaggio degli inglesi accolti con applausi da tutti i fiorentini. Sono pagine di speranza per il futuro. C’è tutto lo stupore di tornare a camminare liberi per Firenze, procurarsi da mangiare, muoversi senza paura da una strada all’altra.

Col cuore afflitto dalla tragedia subita, Egizia tornerà a lavorare, a viaggiare. Torneranno le gioie e le delusioni dell’amore come scrive nelle ultime pagine del suo diario: "I miei 21 anni mi hanno trovata, malinconica, strana, triste, smaniosa, in conclusione innamorata, ma alimentata da un amore insoddisfatto".