Clochard dal sonno alla morte alla Cadorna: e riesplode il caso degrado all'ex caserma

Fabrizio aveva 48 anni, veniva dall'Umbria in pullman. Indagine sulla fine, ripreso dalle telecamere. I rischi e le contraddizioni del parcheggio: dagli schiamazzi al dormitorio

Dramma alla Cadorna (Foto Cornacchini)

Dramma alla Cadorna (Foto Cornacchini)

Arezzo, 19 settembre 2018 - E’ entrato nel cono di luce di una telecamera intorno all’una: rimarrà la sua ultima immagine prima di morire. Fabrizio Meozzi lo hanno ritrovato la mattina dopo, riverso sulla grata della scala antincendio della Cadorna. Sdraiato, come se dormisse, senza coperta e senza nulla. Tanto che un agente della polizia locale ha addirittura tentato di rianimarlo con un massaggio cardiaco: ma a quel punto era già morto, forse da qualche ora.

Un senza tetto, più come abitudine di vita che nei fatti, con le radici a Fighille di Citerna: un ex parrucchiere, un animo travagliato, una condizione di disagio a volte lamentata anche nel suo paese. Negli ultimi mesi pare che partisse spesso dall’Umbria proprio per venire ad Arezzo. E qui ha trovato la morte. E’ morto nel sonno: le cause le definirà l’autopsia, che dovrebbe essere disposta dal Pm Elisabetta Iannelli, che sul caso ha aperto un fascicolo. Non ci sono segni di violenza nè siringhe.

Forse un malore, forse l’ipotesi che possa aver ingerito qualcosa, forse una risposta che per ora non esiste. Nei fatti la morte in uno dei rifugi del degrado. Il grande parcheggio del centro diventa fatalmente durante l’anno uno dei punti di riferimento di chi sfugge a qualunque controllo. Perfino a quello della polizia locale, che pure si fa in quattro tra sgomberi e interventi nei mille punti sensibili di una mappa ricca di questi dormitori di fortuna.

Proprio alla Cadorna uno è stato pressoché chiuso da mesi. Il vecchio corpo di guardia è stato murato, dopo uno dei blitz che aveva scoperchiato un mondo parallelo da incubo. Calce e cemento, a volte l’unica risposta, ma quasi mai basta, perché poi qui siamo di fronte ad un male di vivere le cui proporzioni vanno ben oltre un muro.

Da allora la Cadorna segnala ripetutamente le sue sofferenze: e non sono poche. Il tappeto di bottiglie di vetro lungo le mura di recinzione, un tempo mura della caserma, specie al venerdì sera e al sabato. Gli schiamazzi e l’alcol delle notti «brave».

Gli inseguimenti con sottofondo di urla, gli assalti senza senso e senza logica alle sbarre di ingresso e di uscita del parcheggio. Tanto che Atam ha già programmato la sostituzione e il rafforzamento delle telecamere, perché possano dare risposte sempre più definite anche ai problemi di ordine pubblico. Il resto è appeso al mondo dei senza tetto. Fabrizio, 48 anni, non era tra i volti noti delle «ronde» aretine. Ed è questo che a lungo ha tenuto in sospeso l’identificazione.

Sul posto anche la polizia, la scientifica ha rilevato le impronte. L’allarme è partito di mattina da un insegnante della scuola media Cesalpino, poco prima che arrivassero i ragazzi, trasferiti quest’anno lì da via Porta Buia. Quel corpo riverso sulla grata, al terzo piano, mentre davanti già le auto occupavano buona parte dei parcheggi: da una parte la morte nel sonno, dall’altra il tourbillon di tutti i giorni.

I due livelli che si incrociano non solo lì ma in tanti angoli della città, come raccontiamo a fianco, seguendo le operazioni condotte quasi ogni giorno proprio dalla polizia locale. E che alla Cadorna conoscono due stagioni. D’estate i giacigli a cielo aperto, la scala antincendio già nelle scorse settimane era stata indicata come uno dei punti di fuga più familiari dei «senza tetto».

D’inverno la conquista di qualche spazio coperto: o al corpo di guardia, violando perfino il cemento, o almeno sotto la galleria dello sportello unico, protetta se non dal freddo almeno dalla pioggia. Lì, nel cono d’ombra della distrazione e del degrado.