ALBERTO PIERINI
Cronaca

Chimet, blitz all’alba dei carabinieri. Nel mirino la gestione dei rifiuti

Indagati i vertici e due dirigenti. L’azienda: "Rispettate tutte le regole". L’operazione disposta dal Pm della Dda di Firenze Monferini: si tratta di un filone laterale dell’inchiesta Keu

Lavorazione dell'oro (foto di repertorio)
Lavorazione dell'oro (foto di repertorio)

Arezzo, 31 maggio 2023 – Si sono presentati all’alba. Senza il dispiegamento di forze che aveva caratterizzato precedenti operazioni, senza gli elicotteri che in passato avevano volteggiato intorno alle ciminiere. Ma si sono presentati in forze.

"Siamo i carabinieri del Noe": il gruppo specializzato, il nucleo operativo ecologico, intorno alle 7 si è affacciato a Badia al Pino, sulla soglia della Chimet. Lei, il gigante dell’oro, la prima azienda in Europa per la lavorazione dei metalli preziosi, davanti a tutti in Toscana per fatturato. A ordinare la perquisizione il Pm della Dda fiorentina Giulio Monferini: è un filone laterale dell’inchiesta Keu, quella che già aveva coinvolto l’azienda per il conferimento degli scarti all’impianto di Bucine della famiglia dei Lerose. E che le era costato l’accusa di concorso nello smaltimento illecito dei rifiuti insieme alla Tca.

Ma in questo caso nulla c’entrano le vicende legate alla famiglia calabrese e al loro impianto di smaltimento. In comune c’è solo un sottile fil rouge. Per l’ennesima volta in ballo c’è la classificazione di quei rifiuti.

Rifiuti che la Procura evidentemente sospetta fossero pericolosi e che invece l’azienda assicura non lo fossero: e questo alla luce dei controlli via via ricevuti e delle regole di Arpat e Regione. Ma quel campanello è suonato, all’inizio di una vicenda che rischia di trascinarsi di nuovo nei tribunali.

I militari non si sono limitati ad una serie di verifiche serrate in fabbrica: ma si sono concentrati anche sui computer negli uffici e sembra anche sui cellulari degli indagati. Quattro indagati: l’amministratore delegato Luca Benvenuti, la consigliera delegata Cristina Squarcialupi e due dirigenti. Gli avvisi di garanzia sono del resto Una mossa inevitabile quando un’operazione dei carabinieri si traduca in una perquisizione.

Un quadro davanti al quale l’azienda manifesta la massima tranquillità. In una nota assicura la correttezza delle procedure seguite: come aveva fatto anni fa, arrivando tra l’altro poi in tribunale ad un’assoluzione quasi completa.

"Chimet precisa che si è trattato dell’ennesima verifica riguardante il codice attribuito al rifiuto risultante all’esito del processo di recupero dei metalli preziosi". E scende in alcuni dettagli.

"Nello specifico, il controllo si è incentrato sul conferimento di tale rifiuto, ai fini del suo recupero, ad un impianto del viterbese che si è protratto, sotto il costante controllo di ARPA Toscana e Lazio, Regione Toscana e Regione Lazio, dal 2012 al 2021". Quindi un rapporto concluso.

"L’azienda è fermamente convinta di aver sempre attribuito un corretto codice al rifiuto, in ciò confortata dai sistematici e approfonditi controlli cui è sempre stata sottoposta".

Una versione della quale dovrà ora convincere l’autorità inquirente. Perché oggi come nel caso Keu, ecco il fil rouge, la Dda ritiene che i rifiuti inviati agli impianti di smaltimento ( in quel caso la struttura dei Lerose con la quale la relazione era stata interrotta, in questo un altro centro) fossero pericolosi ma invece non classificati come tali. Versione alla quale Chimet contrappone la sua, diametralmente opposta: scarti assolutamente non pericolosi sulla base dei controlli di Arpat e Regione.

Uno scenario sul quale a questo punto si apre un altro fronte, pur semplicemente parallelo rispetto a quello dell’inchiesta principiala, per la quale alcuni dirigenti dell’azienda erano stati inseriti nell’avviso di chiusura per concorso nello smaltimento illecito dei rifiuti. Intanto non si profila alcun reato associativo, siamo nell’ambito dell’articolo del codice che contesta "attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti". In serata i dieci carabinieri del Noe erano tornati sui loro passi. Da ora in poi parleranno inquirenti e avvocati, sul filo di un confronto infinito.