Ceramiche Tapinassi: "Rischiamo di chiudere"

Il caso dell’azienda costretta dal ciclo di produzione a subire forti rincari. "Non abbiamo per ora soluzioni a questo problema"

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di Valentina Giovannini

Il caro bollette colpisce anche l’importante ditta di ceramiche del Casentino: la Ceramiche Tapinassi, nata nel 1954 ad opera di Gino Tapinassi e che oggi vede al lavoro i suoi figli Antonio, Valter e Otello, oltre al figlio di quest’ultimo, Michele, assunto come collaboratore.

Tra le principali produzioni artigianali occupano una posizione di rilievo l’oggettistica per la tavola, i prestigiosi articoli per l’illuminazione, realizzati con l’ausilio di antiche tecniche di lavorazione della maiolica, oltre a una numerosa gamma di oggetti per l’arredamento.

"La creazione dei nostri prodotti avviene esclusivamente a mano – spiega il legale rappresentante Antonio Tapinassi – processo necessario per dare la forma alla creta ancora umida. Successivamente l’oggetto viene sottoposto al processo dell’essiccazione: il manufatto viene rifinito, spugnato e messo in forno per la prima cottura a mille gradi, questa è la fase della biscottatura. È poi necessaria una seconda cottura dopo il colore, che necessita di un ciclo di 18 ore e una temperatura di 940 gradi, dopo la quale gli oggetti presentano la classica superficie lucida. I colori consistono – prosegue Tapinassi – infatti di ossidi di metallo addizionati con sostanze fondenti che li rendono fusibili solo a tale temperatura".

Con questo ciclo di produzione è quindi inevitabile che l’azienda casentinese abbia subito forti rincari: "Abbiamo registrato un aumento dei costi di produzione che varia dal 40 al 45%, tra materie prime come gli smalti e l’energia elettrica, ma soprattutto per il gas metano – prosegue Tapinassi – Abbiamo anche un impianto fotovoltaico da 20 kilowatt, tuttavia i forni vanno a gas, elettrici sono solo quelli piccoli che servono per minime produzioni, quindi la soluzione al rincaro al momento non esiste".

Il reparto commerciale di Ceramiche Tapinassi si sviluppa per l’85% con i grossisti, il 10% con i negozi e solo per il 5% con i privati, quindi la problematica del prezzo è ancora maggiore: "Abbiamo dovuto aumentare i prezzi dal 20 al 25%, ma siamo sempre sottocosto; inoltre abbiamo esposto il problema al nostro principale rivenditore che ha anche lui problemi a maggiorare i prezzi per essere competitivo nel mercato".

Questa situazione drammatica investe tutto il settore: "Ho parlato con gli altri poli ceramici e con le ceramiche di De Ruta e la situazione è insostenibile, nei prossimi mesi molti chiuderanno o sospenderanno l’attività".