Carte Vasari, i Festari ricusano Paolucci "arbitro": non può essere super partes

L'ex ministro è stato scelto come perito dal Tribunale ma la famiglia non ci sta: "Aveva già detto sì al prezzo di un milione e mezzo"

Antonio Paolucci (Foto Castellani)

Antonio Paolucci (Foto Castellani)

Arezzo, 27 agosto 2018 - Il primo arbitro se ne era andato per scelta sua, il secondo viene contestato prima ancora che il suo incarico entro nel vivo. Il risultato è che per l’Archivio Vasari, il più prezioso del Rinascimento, al centro da decenni di una diatriba infinita, grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione è tutt’altro che eccellente, con i grandi nomi della storia dell’arte nazionale che sparano addosso agli ex proprietari Festari e loro che rispondono a colpi di querela.

Conviene riassumere per chiarezza: i fratelli eredi delle pregiatissime carte, espropriati in primavera per un milione e mezzo (cifra lontanissima dai 150 che a suo tempo sembrava pronto a sborsare l’oligarca russo Vassily Stepanov) ricuseranno in settimana Antonio Paolucci, l’ex ministro, ex direttore degli Uffizi e dei Musei Vaticani che il tribunale di Arezzo ha nominato come perito super partes nella procedura per la valutazione economica delle lettere di Papi e Granduchi, dei sonetti e dei disegni di Michelangelo, di tutto il patrimonio insomma che rende incomparabile l’Archivio conservato a Casa Vasari e ad essa legato dal vincolo pertinenziale posto nel 1994 dall’allora ministro Alberto Ronchey.

Un nome di fama assoluta, quello di Paolucci, che succede a un’altra figura di indiscusso prestigio come monsignor Sergio Pagano, ex direttore dell’Archivio Segreto Vaticano, prima scelta del tribunale, che però aveva rinunciato per impegni personali. Non è super partes, dicono adesso i Festari di Paolucci, che è sì uno dei grandi nomi del mondo dei beni culturali ma è anche uno che nell’intrigo delle Carte Vasari ci ha già messo le mani.

«Sarebbe bene che rinunciasse da solo - spiegano adesso gli eredi espropriari - prima di costringerci a un atto ufficiale sgradevole come una ricusazione». Che succede? Lo ricostruiscono fonti vicine ai fratelli. Nel 2005-2006, dopo la trattativa che gli avvocati dei Festari avevano condotto con l’allora sovrintendente di Arezzo Martinez e suggellata da un accordo di massima per una cessione allo stato da 70 milioni, fu proprio il superiore gerarchico Paolucci a fermare tutto: perchè comprare a questa cifra - avrebbe detto alla famiglia e al suo legale Guido Cosulich - quando l’erario può incamerare tutto al prezzo di esproprio di 1,5 milioni? E’ lo stesso di adesso e per i fratelli basta a inficiare la neutralità dell’ex ministro: come può pronunciarsi da terzo indipendente sulla congruità di una cifra che lui stesso aveva indicato?

La questione, infatti, è proprio quella. I Festari hanno contestato la valutazione che lo stato ha fatto col decreto di esproprio e hanno avviato la procedura arbitrale prevista dalla legge. Un esperto lo indicano loro, Renato Saggiori, uno che si è già occupato ad esempio dei diari di Hitler, uno lo sceglie lo stato, ed è Francesco Caglioti, professore di storia dell’arte a Napoli, il terzo lo indica il tribunale e generalmente è quello che decide: si presume infatti che ognuno dei periti di parte voti per chi lo ha indicato ed è il neutrale che fa pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Bene, dicono i Festari, non può essere Paolucci questa figura, anche se l’ultima parola spetta ai giudici. Caglioti viene dalla scuola di Salvatore Settis, l’ex direttore della Normale di Pisa, che ad inizio agosto è intervenuto sulla vicenda plaudendo all’esproprio. Ma lo ha fatto, contestano i fratelli, scrivendo che mediatore della vendita a Stepanov, era Marino Massimo De Caro, a suo tempo condannato per il furto dalla Biblioteca dei Girolamini di Napoli. La risposta è una querela per diffamazione, il caso dell’Archivio Vasari non finisce più.