Walter fa il testamento biologico: morire con il libero arbitrio

Cappato e Perduca alla casa di De Benedetto che aderisce alla campagna per la legalizzazione della cannabis. Cappato sul fine vita

Walter De Benedetto, 48 anni, combatte ogni giorno contro una patologia degenerativa

Walter De Benedetto, 48 anni, combatte ogni giorno contro una patologia degenerativa

Arezzo, 29 ottobre 2019 - Marco Cappato e Marco Perduca incontrano i giornalisti nella casa di Walter De Benedetto a Ripa di Olmo. Walter, durante l'incontro, annuncia di volersi recare al più pretso in comune per firmare il testamento biologico. Incoca il libero arbitrio pe ril fine vita, "il dolore non può aspettare". E' dunque un ulteriore scatto in avanti dopo l'intervista a La Nazione nelala quale aveva detto a chiare note di non voler morire intubato.

Marco Perduca, coordinatore di Legalizziamo.it ha annunciato che De Benedetto aderisce alla campagna per la liberalizzazione della cannabis non solo medica. Marco Cappato ha ripercorso la vicneda di Walter, "non siamo noi che aiutiamo lui, ma lui che aiuta con questa sua azione le tante persone che si ritrovano nella sua condizione, con una malattia progressiva e con la volontà di decidere dove va messo il limite, quando non si può andare oltre. E' per questo che lo ringraziamo". A casa di Walter, fin dal primo mattinoo, anche il presidente del Corecom regionale Enzo Brogi.

E’ ormai nazionale la dimensione del caso. Walter De Benedetto, l’aretino di 48 anni costretto in una carrozzina dall’artrite reumatoide, è diventato testimonial riconosciuto della battaglia per la cannabis medica. Ma la vicenda va anche oltre e si è quindi spostata fino al dibattito, infuocato e ancora divisivo, sul fine vita. 

E’ il segno di come la storia di De Benedetto abbia «bucato» lo schermo, simbolo di tante altre esistenze fatte di dolore e di sofferenza. Ma Walter non ha perso mai la sua normalità. Vive in un’abitazione isolata, in aperta campagna: sul cancello quasi sbatti dopo aver percorso una stradella, ancora un breve vialetto ed ecco la porta d’ingresso. Apre la badante oppure il cugino Gigi che si fa in quattro per dare una mano.

Walter è quasi sempre sul lettino in una piccola cameretta, la televisione accesa su Rai Storia, «mi piacciono questi programmi, amo i documentari, voglio sapere, ho sempre voluto sapere». O anche su Sky Arte, «perché danno la musica che è la mia passione». Passano le immagini dei Black Sabbath e di Ozzy Osbourne, «grande gruppo» commenta; gli anni Settanta che irrompono a tutto volume nell’esistenza quotidiana di un ragazzo che suonava la tromba e la chitarra prima che la malattia progredisse implacabile.

Di musica parlerebbe tutto il giorno, si ascolta Demetrio Stratos, si parla di Santana e del reggae di Bob Marley. Squarci di vita. Il lavoro da dipendente della Asl, la disponibilità verso i pazienti «perché so cosa significa la malattia». Di quando guidava l’auto; del fatto che la storia della cannabis, con tanto di irruzione dei carabinieri nella sua mini-serra e dell’arresto dell’amico, lo abbia in fondo fortificato, rafforzato nelle sue convinzioni.

Gli ha dato modo di scrivere al premier Conte e al ministro della salute, di registrare un messaggio diffuso alla manifestazione davanti a Montecitorio, di essere oggi insieme a due esponenti come Cappato e Perduca che hanno legato il loro nome a battaglie simili alla sua. 

Però si è andati oltre. «Voglio morire con dignità - ha detto Walter in un’intervista al nostro giornale - non ho intenzione di andarmene intubato». Un altro messaggio chiarissimo che è stato al centro dell’incontro odierno, inevitabilmente puntato anche sul fine vita e non soltanto sul supporto della cannabis. Temi etici di fronte ai quali ognuno ha una risposta, una diversa sensibilità; ma che dovrebbero sempre essere calati nella realtà di chi si trova in una determinata condizione. Come Walter, appunto.