Cade dal monopattino e muore: è la prima vittima aretina del nuovo mezzo

Dramma a Pratantico: la fine dopo giorni di Remo Lucci, storico autocarrozziere. Aveva provato il mezzo nel suo piazzale: ferito, era stato portato col Pegaso a Siena

Remo Lucci

Remo Lucci

Arezzo, 20 giugno 2021 - Era un amico del paese, di quelli sempre pronti a darti una mano o almeno una pacca sulle spalle per far sentire la sua vicinanza. E’ morto tradito da uno di quei monopattini elettrici che stanno diventando il nuovo pericolo sulle strade. Remo Lucci ha lottato per giorni dopo l’incidente di qualche giorno fa: una brutta caduta, l’intervento del Pegaso, il trasferimento nell’ospedale specializzato delle Scotte a Siena. Ma alla fine si è arreso alle conseguenze di quella caduta.

Miriam Segato, morta a Parigi investita da un monopattino

E così è proprio lui, 67 anni ancora non compiuti, la prima vittima del mezzo veloce che sta trasformando la circolazione. Anche se nel suo caso di sicuro non puoi parlare nè di imprudenza nè di rischio nel tuffarsi nel traffico. Remo infatti, almeno da quanto filtra, aveva semplicemente provato quel monopattino,. Nel piazzale della sua attività, senza minimamente avventarsi nè su una strada nè in mezzo alle auto.

Ma è bastato per farlo cadere e farlo cadere rovinosamente. E da quella caduta non riuscire a rialzarsi, pur essendo partito subito l’allarme e pur essendo stato soccorso con i mezzi più moderni. Una perdita pesante a Pratantico, dove da anni gestiva un’autocarrozzeria con annesso lavaggio. Una di quelle attività che nel tempo diventano uno snodo, soprattutto nei piccoli centri.

Capitava così che la gente si desse appuntamento prendendo a riferimento proprio il suo spazio. O dava le coordinate di dove viveva misurando i metri dall’autofficina di Remo. Questo perché la vita di paese mantiene il suo fascino, anche se si tratta di un paese allungato intorno ad una strada, apparentemente senza particolari punti di riferimento urbanistici.

Ma anche per le qualità di quest’uomo: generoso, affabile, quelli che con linguaggio moderno verrebbero definiti «solari». Ma lui lo era molto prima che l’aggettivo, oggi particolarmente di moda, venisse coniato. E così in tanti erano rimasti sconvolti dal suo incidente.Anche perché non ti rendi conto finchè non accade che uno strumento tranquillo come un monopattino possa arrivare a metterti in pericolo.

E dopo l’incidente aveva continuato a seguirne le condizioni. Come si fa nei paesi, senza pressing continuo sulla moglie e sul figlio, ai quali lui era legatissimo, ma con discrezione. Notizie che lungo quella strada, dall’ufficio postale al bar alla chiesa, qualcuno raccoglieva e poi nel passaparola diventavano il pane comune. Ma quelle notizie erano andate peggiorando, la fiducia si andava spegnendo, le prospettive erano sempre più amare.

Fino alla notizia della morte. Che a questo punto, al di là della casualità del suo incidente, suona anche come un campanello d’allarme sul nuovo pericolo. Già fragoroso a Firenze, tappezzata di manifesti contro i rischi dei monopattini.

Gli esperti dicono che nascono per muoversi con la forza muscolare e andare quindi a 4 chilometri orari, mentre con il motore viaggiano a 25 chilometri all’ora. Proprio a Firenze è diventato obbligatorio il casco per chiunque li guidi. «Non è un gioco» leggi sui muri. E niente come la storia di Remo è lì a dimostrarlo.