Boschi archiviato, esultano la figlia e i renziani ma resta un processo

L’ex vicepresidente e l’ultimo Cda di Etruria devono ancora affrontare la bancarotta colposa delle. consulenze d’oro: si parte a gennaio. Le motivazioni del proscioglimento sulla liquidazione Bronchi.

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di Salvatore Mannino

E’ un coro quello che si leva dal mondo renziano dopo la notizia dell’archiviazione del penultimo filone d’indagine a carico di Babbo Boschi, quello della bancarotta per la liquidazione dell’ex dg Luca Bronchi. Un coro guidato dalla figlia dell’ex vicepresidente, Maria Elena, a suo tempo potentissimo ministro delle riforme nel governo di SuperMatteo, ma al quale partecipano, con una raffica di dichiarazioni che quasi intasa le agenzie, figure maggiori e minori del renzismo, dal ministro del lavoro Teresa Bellanova a un altro big di Italia Viva, Gennaro Migliore, dal coordinatore nazionale del partito, Ettore Rosato, alle deputate Raffaella Paita e Silvia Fregolent. Tutti ad esultare per il proscioglimento di quello che fu (suo malgrado) il padre più famoso d’Italia, tutti a parlare di giustizialismo sconfitto e di fango che adesso va riparato. "La verità è più forte del fango", sintetizza per tutti Maria Elena.

Tuttavia, l’odissea giudiziaria di Pierluigi Boschi, lo slalom tra i paletti della giustizia che finora si è risolto in un percorso netto, non è ancora finito. C’è un’ultima porta di Gigante che si frappone fra una caduta e una vittoria alla Tomba: il processo, sempre per bancarotta colposa, sulle consulenze d’oro affidate dall’ultimo Cda di cui Boschi senior era una delle figure più rappresentative: quattro milioni di incarichi che il pool di Pm guidato da Roberto Rossi, ex procuratore ormai alla vigilia del reintegro, ritiene ingiustificati e per i quali ha disposto la citazione diretta a giudizio di 14 imputati: 12 consiglieri, l’ultimo direttore generale Daniele Cabiati e il suo vice, Emanuele Cuccaro. Si parte il 14 gennaio, dal giudice monocratico.

Intanto, però, babbo Boschi e altri 11 membri del Cda che accompagnò Bpel al commissariamento si tolgono una bella spina di dosso, quella appunto di una seconda bancarotta colposa per la quale rischiavano un altro processo. Più che altro un dubbio ostinato del Gip Piergiorgio Ponticelli, che un anno fa non se l’era sentita di accogliere la richiesta di archiviazione della procura, convocando un’udienza per ottobre. Escludo la bancarotta fraudolenta, aveva detto in aula, ma non lo scenario della colposa. Per questo si era preso tre mesi di tempo per decidere, al termine dei quali dispose ulteriori indagini dei Pm per capire chi fra i consiglieri avesse le competenze per discernere fra i pareri legali favorevoli sulla base dei quali il Cda aveva votato la liquidazione di Bronchi, il 30 giugno 2014.

Era sembrato allora che i più a rischio fossero quelli che per lavoro erano più dentro il meccanismo, dall’avvocato Alessandro Liberatori al docente universitario Alessandro Benocci, mentre Boschi, semplice consulente agricolo, pareva tra i meno in pericolo. Un altro Gip, Fabio Lombardo, che ha ereditato il fascicolo dopo l’addio di Ponticelli, ha spazzato via ogni dubbio: ha ragione la procura, l’unico scenario di bancarotta semplice che resta è quello delle consulenze. Decreto firmato il 18 agosto, il resto è cronaca.