Bancarotta Etruria, il giorno di Bronchi: con me direttore i conti sono migliorati

Ma l'ex Dg non entra ancora nel merito dei singoli prestiti di cui è accusato. Udienza finita, si torna in aula il 13 giugno

Luca Bronchi

Luca Bronchi

Arezzo, 28 maggio 2018 - Per carità, non è il giorno del giudizio (che peraltro dovrebbe arrivare nel giro di un mesetto), ma uno snodo decisivo del processo per la bancarotta Etruria quello sì. In aula si è presentato stamani (e non è bastata l’intera giornata per sentirlo) uno dei grandi accusati, Luca Bronchi, ex direttore generale fino al 30 giugno 2014, principale imputato, nell’ottica della procura, insieme all’ex presidente Giuseppe Fornasari del crac di quella che fu Bpel.

L'ex Dg, il cui esame è cominciato con le domande della difesa, quindi quelle a lui più favorevoli per consentirgli di dare la sua versione dei fatti sul crac, è rimasto per ora sulle generali, ripercorrendo la politica creditizia della banca nel periodo in cui lui l'ha guidata, senza entrare nel merito dei singoli maxi-finanziamenti che gli sono costati ripetute contestazioni di bancarotta fraudolenta. Bronchi però si è difeso con orgoglio: nel periodo della mia gestione i conti sono migliorati come la situazione finanziaria della banca, lo ha rilevato anche Bankitalia. Poi alle 14 l'udienza è stata aggiornata, si torna in aula il 13 giugno.

Toccava a lui spiegare, toccava a lui chiarire, toccava a lui cercare di uscire dalla trappola di un giudizio abbreviato (sempre in compagnia di Fornasari, dell’ex vicepresidente Alfredo Berni e dell’ex consigliere Rossano Soldini) nel quale rischia molto. Dei grandi finanziamenti concessi dalla banca e che adesso vengono contestati come distrazioni o dissipazione del patrimonio non ce n’è praticamente uno per i quali Bronchi non sia stato chiamato in causa dai Pm del pool inquirente.

L’uomo però è abile, bravo nel districarsi con le carte, competente nel muoversi fra i meandri del groviglio Etruria. Lo si è già visto nell’altro processo di cui era un imputato principe, quello per l’ostacola alla vigilanza: la capacità del manager di regggere anche di fronte alle domande più insidiose fu una delle carte grazie alle quali le difese sua e di Fornasari riuscirono a spuntare una clamorosa assoluzione finale, anche se adesso il caso è in fase d’appello. Stamani ci risiamo.

Alla prossima udienza, Bronchi risalirà il calvario delle accuse ad una ad una. A suo favore la consulenza di parte, depositata mesi fa dal suo avvocato Antonio Bonacci, secondo la quale i crediti concessi col benestare dell’ex Dg non furono nè dissipazioni nè distrazioni da bancarotta, ma solo normali operazioni bancarie. Se andarono male, se si conclusero con la mancata restituzione e coi prestiti trasformati in sofferenze, fu solo effetto del più classico dei rischi di impresa. I capi di imputazione di cui Bronchi deve rispondere occupano quasi tutte le lettere dell’alfabeto, per dire quanto sono numerosi.

Riassumerli tutti richiederebbe un’enciclopedia, basterà dire che dentro c’è la summa di quei crediti («facili» secondo la procura) che a suo tempo occuparono paginate di cronaca e ore di trasmissioni Tv sui principali organi d’informazione del paese, a stampa o televisivi. C’è ad esempio l’operazione Privilege, lo Yacht che per anni è rimasto ad arrugginire in un cantiere di Civitavecchia che non ha accesso diretto al mare. Un affare andato a male nel quale Etruria ci ha rimesso fra i venti e i trenta milioni.

E c’è anche il finanziamento Sacci, quello che andò al gruppo di cementifici che faceva capo ad Augusto Federici, consigliere d’amministrazione della banca. Dal punto di vista dei numeri il più disastroso di tutti, con una mega-sofferenza oltre i 50 milioni. Ci sono poi i casi più coloriti, come quello del Resort San Carlo Borromeo, un’altra ventina di milioni in fumo ad opera del Guru Armando Verdiglione, con Bpel che era coperta solo da un’ipoteca di quarto grado.

E ci sono pure le operazioni più scottanti, come il giro di prestiti che nel 2009 consentì a un altro discusso consigliere d’amministrazione, il discusso finanziere trentino Alberto Rigotti, di rimediare allo sconfinamento della sua posizione e quindi di poter esprimere il suo voto decisivo per il defenestramento del vecchio padre-padrone Elio Faralli in favore di Fornasari.

Per Bronchi, insomma, sarà come calarsi nella fossa dei leoni. Sapendo che lì si gioca molte delle sue possibilità di uscire indenne dalla bufera. Per sapere come andrà a finire in ogni caso non dovrà aspettare molto. Nè lui nè gli spettatori interessati della bancarotta: sentenza entro la fine di giugno.