Avvocati, la grande crisi: niente processi e niente parcelle, centinaia in difficoltà

Anche gli studi più noti mandano i dipendenti in ferie o in cassa integrazione Ma il vero nodo è quello dei più precari: pioggia domande per i 600 euro

Avvocati (Radaelli)

Avvocati (Radaelli)

Arezzo, 8 maggio 2020 - L’avvocato, giovane ma già molto noto, scivola fuori dal portone del suo studio con un sorriso amaro: è da febbraio che non emetto una fattura, mi sento parecchio arrugginito. E’ quasi l’immagine della crisi del mondo della giustizia che si riflette soprattutto sui professionisti del settore, ossia i legali. Il tribunale è praticamente fermo dai primi di marzo con la prospettiva di rimanerci almeno fino alla prossima settimana per gran parte delle attività e forse fino a luglio per una ripresa completa che è persino difficile da immaginare in questa fase. I magistrati li paga lo stato, così come i cancellieri e il resto del personale amministrativo.

Ma gli avvocati, per definizione, si pagano da soli, con le notule delle loro prestazioni professionali. Il che di questi tempi significa poco o niente, più niente che poco a dire il vero. E’ un po’ la situazione di tutti i professionisti, dai commercialisti ai geometri, dagli ingegneri agli architetti, asserragliati nei loro studi ad aspettare una clientela che fino all’altro ieri poteva uscire di casa solo per motivi urgenti.

Ed era difficile qualificare come urgente l’appuntamento con un professionista, oltretutto con l’obbligo della distanza sociale e della mascherina. Il risultato è che sono tutti in crisi, gli avvocati più degli altri, come conferma il presidente dell’ordine Roberto De Fraja. Oltretutto la categoria è profondamente frastagliata oltrechè inflazionata. Basti dire che di iscritti all’ordine ce ne sono circa un migliaia.

Per capirci ci sono quasi più avvocati ad Arezzo che in una metropoli come Parigi. Un antico male italiano, ma che ora pesa ancor di più sullo stato di malessere. Perchè se i nomi più noti e affermati, gli studi più strutturati, in qualche maniera reggono all’onda di piena della recessione degli affari, ci sono centinaia di avvocati, più giovani, meno conosciuti, più appesi a una situazione di semiprecariato, che stanno soffrendo le pene dell’inferno.

Lo dicono anche le domande all’Inps per i 600 euro (ora forse 800) destinate agli autonomi, le partite Iva falcidiate dall’emergenza: ce ne sono centinaia, dice De Fraja, anche se nemmeno lui su due piedi ha i numeri esatti. Tutta gente con una laurea in tasca che prima di arrangiava fra una parcella e l’altra e che adesso deve tirare avanti, pagare le spese di uno studio, mandare avanti se stessi e la famiglia con i pochi spiccioli che entrano in cassa.

E spesso nemmeno quelli perchè i clienti, pure loro in difficoltà finanziarie, chiedono di procastinare i pagamenti. Persino gli studi di maggiori dimensioni, quelli che hanno personale dipendente, fanno fatica. Ecco allora che come altrove le segretarie vengono messe in ferie (se e quando ci sono) o in cassa integrazione, quando gli altri strumenti sono esauriti.

I processi civili, quelli che danno da guadagnare alla gran prte della categoria sono quasi più fermi degli altri, quelli penali (solo le urgenze) si fanno, almeno per ora in via telematica, anche se la camere penali hanno ottenuto la presenza in aula delle parti, giudice, Pm e difesa. Poco roba, comunque, perchè mille avvocati possano viverci sopra. La lunga emergenza continua, le prospettive altrettanto buie del presente. ©