Asl pronta ad ampliare le bolle Covid Addio alle Usca ma la rete resiste

I team speciali a domicilio chiusi con giugno: il 70% degli addetti resta, dove i problemi di copertura. Ricoveri in risalita ma sempre sotto controllo. Frenata contagi dopo il picco ma la media rimane al 30%

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di Alberto Pierini

Una frenata è arrivata. Di quelle che il Covid via via ci ha regalato durante il tortuoso percorso della pandemia. Ma che non è detto cambino la sostanza. I trend vanno misurati su più giorni: e comunque anche ieri il numero dei contagi è rimasto comunque poco sotto i 500, quindi perfettamente nella media di questa ultima ondata estiva. La discesa dal picco degli 800 resta ma intanto la Asl come sempre deve essere pronta a tutto.

Un aumento di ricoveri rispetto a qualche giorno fa c’è stato: eravamo ormai stabilmente tra 5 e 7, ora siamo quasi sempre in doppia cifra. Però il quadro da questo punto di vista è del tutto tranquillizzante. Perfino l’attuale recrudescenza Covid non sta comportando problemi sanitari pesanti. Semmai segnali: come il ritorno a forme polmonari, che non si fermano all’interessamento delle sole vie respiratorie più superficiali. Anche se spesso capita che questo si incroci con non vaccinati, quindi meno protetti sul piano immunitario di tutti gli altri.

Gli sviluppi? Ci sono ospedali anche in Toscana che stanno riaprendo i reparti Covid. La Asl mantiene la sua linea. "La nostra è una gestione flessibile e si modulerà sulla base del bisogno" conferma la direttrice del San Donato Barbara Innocenti. Solo pochi elementi di fondo. "Le bolle Covid non le abbiamo mai chiuse, nè in terapia intensiva nè in malattie infettive-pneumologia, lo ricordo per chiarezza. Sulla base della tipologia dei pazienti si definisce il percorso di ricovero e sicuramente i pazienti con sintomatologia Covid-correlata si ricoverano in queste bolle: che verranno ampliate in proporzione al bisogno".

Dunque come nelle fasi più critiche attraversate in questi anni l’azienda si riserva di intervenire di volta in volta per ampliare la potenzialità di risposta al virus. Virus che spesso si accompagna ad altre patologie, spesso prevalenti: ma rimane tutta l’elasticità di chi in qualsiasi momento può intervenire per rafforzare la capienza degli spazi.

L’altro problema che si è aperto a seguito delle disposizioni nazionali è stata la cessazione delle Usca, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale. Nella Asl sud est determinanti a ridurre il peso sugli ospedali, almeno quanto lo è stata la scelta di ampliare i reparti di cure intermedie. Usca chiuse da giugno per essere trasformate in Uca. La differenza sembra minima ma non lo è del tutto. Cambia ad esempio il compenso orario, da 40 a 23 euro, e in altre Asl della Toscana questo ha portato ad una vera e propria fuga del personale. "Qui al momento – ci risponde la direttrice sanitaria Simona Dei – con le scelte degli operatori riusciamo a garantire il 70% circa della copertura".

Situazioni di difficoltà ci sono: in Valdarno o in zone che prima erano coperte da 4 Usca e ora hanno 2 unità ordinarie. E in queste situazioni? "Intanto la Regione sta cercando le soluzioni migliori per venire incontro alle richieste del personale. E poi a subentrare ci sono i due livelli base della risposta: i medici di famiglia e la continuità assistenziale". Che poi è la vecchia guardia medica.

La Asl era arrivata nei momenti di punta ad avere oltre 50 Usca complessive, 17 delle quali in provincia di Arezzo. Un esempio? Prendiamo una settimana simbolo, quella dal 4 all’11 marzo 2021. I team avevano avuto in carico 4283 persone, avevano seguito a casa 3871 malati, fatto 750 visite domiciliari, 110 interventi nelle Rsa, garantito circa 1500 tamponi. Una sorta di ospedale itinerante che ha protetto quello ufficiale con una cintura formidabile di protezione. Il segnale di stop era arrivato per la fine dell’emergenza: ma è finita davvero?