Aruba fa un passo per salvare il Panno "Pronti a rinunciare allo stabilimento"

Il colosso dell’informatica potrebbe non far valere l’aggiudicazione: "Non vogliamo essere un ostacolo a una possibile soluzione". Primo faccia a faccia tra curatori e sindacalisti è aggiornato al 7 settembre. I dipendenti: "Lavoriamo quasi a ciclo continuo"

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di Lucia Bigozzi

Colpo di scena nella vertenza sul Panno del Casentino. Aruba, l’azienda leader nelle nuove tecnologie, fa un passo indietro e rinuncia allo stabilimento di Soci.

"Abbiamo appreso della vicenda e del prospetto dell’imminente chiusura della Manifattura del Casentino dalla stampa. Essendo estranei a questa situazione e non volendo rappresentare un ostacolo a una possibile soluzione in favore della Manifattura del Casentino, la società Verdi Colli ha comunicato formalmente ai commissari di essere dispposta a rinunciare all’aggiudicazione provvisoria del lotto", è la posizione messa nero su bianco da Aruba.

La "Verdi Colli", è la società immobiliare del colosso che ha radici casentinesi e nel 2018 si era aggiudicata provvisoriamente il lotto ma negli anni non era stato perfezionato il rogito, in attesa della stazione appaltante, si spiega in una nota.

Una mossa che ora riapre la prospettiva per la fabbrica-comunità di Soci nella corsa contro il tempo per scongiurare la "cessazione dell’attività" con cui viene motivato l’avvio della procedura dei licenziamenti collettivi. Se il passo indietro di Aruba rappresenta un passo in avanti importante per i lavoratori, bisognerà capire adesso in che direzione le due curatele orienteranno la road map della vertenza. Restano quarantacinque giorni per salvare un centinaio di posti di lavoro, l’economia di un territorio e la storia del Panno che racconta l’identità casentinese. E’ una corsa contro il tempo e in ballo non ci sono solo 18 persone che rischiano un’ipoteca su presente e futuro, ma il lavoro delle aziende che dalla fabbrica-comunità acquistano le pezze per creare cappotti e capi di abbigliamento apprezzati nel mondo. E dunque, l’economia di vallata.

Il passo indietro di Aruba arriva nel giorno del primo faccia a faccia tra le parti che ha già un ultimatum scritto sul Panno del Casentino. I dipendenti sono pronti a occupare lo stabilimento per difendere ordini e lavoro in costante crescita ma anche la storia e il valore di un prodotto che identifica un territorio.

E se sparisce il Panno dal Casentino, sparirà "il Casentino dal mondo dove il tessuto di pura lana col ricciolo è richiesto, come dimostra la mole di lavoro che abbiamo da smaltire: solo entro il 12 agosto dobbiamo preparare 30 chilometri di panno", dice Andrea Fastoni il giorno dopo l’assemblea dei dipendenti che hanno approvato all’unanimità l’ordine del giorno insieme ai vertici Cgil (Alessandro Tracchi confederale e di settore, Alessandro Mugnai). Sono due le parole chiave scritte nel documento : "Occupazione e autogestione".

Dalla carta si trasformeranno in presidio permanente nello stabilimento di Soci se "non verrà ritirata la procedura dei licenziamenti collettivi", avverte Fastoni mentre controlla le pezze pronte per la Corea e l’India, due dei mercati dove "esportiamo il Casentino e la Toscana. Qui lavoriamo quasi a ciclo continuo per rispettare le consegne e non ci fermeremo". Il primo faccia a faccia tra sindacalisti e legali delle curatele è stato in videoconferenza. "Abbiamo chiesto di rinviare il confronto perchè in una vicenda così complessa, abbiamo bisogno di approfondire alcuni aspetti tecnici" spiega Mugnai. La strategia è prendere tempo e chiamare in causa i livelli istituzionali e politici. Per ora, il primo round è a favore dei lavoratori perchè l’incontro è stato aggiornato al 7 settembre. Ma la partita è ancora lunga.