Truffe agli anziani, dodici in manette: chiedevano i gioielli dei parenti defunti / VIDEO

L'operazione dei carabinieri è ancora in corso, al centro una delle tecniche più gettonate dai delinquenti per spillare soldi agli anziani: 7 in carcere, 5 ai domiciliari

L'arresto di uno dei truffatori

L'arresto di uno dei truffatori

Arezzo, 17 novembre 2017 - Dodici ordinanze di custodia cautelare per i protagonisti della truffa, ormai classica, del parente arrestato che ha bisogno di soldi per uscire dal carcere, con gli anziani che puntualmente ne restano vittime. Sette prevedono l'arresto in carcere, cinque gli arrestri domiciliari. Tra le vittime anche anziani ben note, come la mamma di un sindaco. Le truffe vanno dal novembre 2016 ad oggi, quindi un anno intero.

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Dalle prime ore di questa mattina, i militari del Comando Provinciale Carabinieri di  Arezzo, hanno eseguito una misura cautelare  nei confronti di dodici  soggetti, originari e residenti nella provincia di Napoli. tutti indagati per “associazione  per delinquere e truffa aggravata a danno di anziani”. Gli arrestati specializzati in truffe agli anziani, agivano in gruppi e in tutta Italia.

I truffatori agivano spacciandosi per avvocati, appartenenti alla forze dell'ordine o agenti assicurativi e facendo credere alle vittime che i propri familiari erano rimasti in gravi eventi si facevano consegnare oro e danaro.

Le vittime venivano individuate consultando i siti internet specializzati (www.elenchitelefonici.it www.paginebianche.it www.trovanumeri.com etc.).

I “telefonisti” si presentavano a persone anziane vittime come “Carabinieri”, “Avvocati” o “Agenti di società assicurative”, rappresentando generalmente un grave sinistro stradale dove era rimasto coinvolto un prossimo congiunto della vittima (solitamente un figlio o un nipote) e che per conferma della cosa potevano chiamare il “112”. Facevano sì che ciò avvenisse senza che la parte offesa riattaccasse il telefono.

Una volta sentito digitare i tre tasti, un altro soggetto rispondeva qualificandosi come Carabiniere, confermando alla vittima quanto già anticipato dall’altro complice.

In questa fase, i truffatori cercavano di carpire alla vittima più dati personali possibili e soprattutto se la stessa si trovava in casa da sola.

Il passaggio successivo era quindi da parte del telefonista di chiedere alla vittima il pagamento di una “cauzione” di alcune migliaia di euro affinché il congiunto potesse riacquistare la libertà evitando di  andare incontro a sanzioni penali o amministrative, facendosi dire per telefono sia il contante posseduto che gli oggetti in oro (alcune volte, facendoglieli addirittura pesare per capirne il valore).

In alcune circostanze la vittima veniva “rimbalzata” tra più telefonisti al chiaro scopo di aumentarne l’angoscia e la confusione e indurla così al pagamento.

Quando la truffa andava a segno, il sedicente carabiniere concludeva il colloquio indicando alla vittima un avvocato o incaricato dell’assicurazione che si sarebbe recato alla sua abitazione per ritirare quanto preteso, che spesso, oltre ai soldi, si trattava di monili in oro, e ogni oggetto di valore, poi rivenduti presso compro oro compiacenti. Le somme richieste arrivavano anche a superare i settemila euro.

Gli anziani contattati, tenuti al telefono anche per più di un ora, venivano letteralmente sconvolti dalla notizia che un loro parente poteva essere coinvolto in un sinistro stradale, ed inoltre avere guai con la giustizia.

Dopo la consumazione della truffa, le vittime rimanevano scioccate dal fatto di essere stati raggirati e di avere  perduto, molte volte, i ricordi di una vita, come fedi, ricordi dei coniugi o di parenti defunti.

Gli indagati, tutti residenti nel napoletano, avevano ognuno un proprio ruolo nel sodalizio: vi era l’organizzatore, il quale dirigeva il gruppo individuando le vittime e distribuendo i compiti ad ognuno; gli incaricati del supporto logistico che si occupavano del reperimento delle “sim card” , spesso intestate a ignari soggetti stranieri, e del noleggio di autovetture usate per gli spostamenti; i telefonisti, che contattavano le vittime da Napoli; gli emissari, che, pronti nelle vicinanze delle abitazioni degli anziani, al segnale ricevuto dai telefonisti, si presentavano per riscuotere quanto preteso.

Per eludere eventuali indagini, i truffatori adottavano alcune cautele come cambiare frequentemente la zona di azione,  sostituendo con regolarità i cellulari e le “schede sim”utilizzate, così come rivolgersi a diversificate società di noleggio auto per i mezzi utilizzati. 

Le indagini hanno riguardato 70 truffe, tra tentate e consumate, compiute, tra il novembre 2016 e il marzo 2017, in Toscana, Liguria, Umbria, Lazio, Abruzzo e Puglia, quantificando in circa 200.000 euro il valore complessivo sottratto alle vittime. Inoltre, sono emersi legami, anche parentali, tra due destinatari delle misure cautelari e un soggetto ritenuto affiliato a un sodalizio criminale camorristico riconducibile all’ ”Alleanza di Secondigliano”.

Al termine delle operazioni di cattura e fotosegnalamento,  i destinatari delle misure cautelari,  sono stati condotti nella casa circondariale di Napoli Poggioreale  e presso i rispettivi domicili.