Le mani della Ndrangheta sugli appalti delle grandi discariche aretine

Ditte legate ai Commisso di Siderno e ai Grande Arachi di Cutrò si sono aggiudicate le gare per l'ampliamento di Podere Rota e la copertura dell'impianto di Castiglion Fibocchi (Il Pero) dismesso

Agenti Dia in azione (Ansa)

Agenti Dia in azione (Ansa)

Arezzo, 8 settembre 2017 - C’È l’ombra della Piovra, in particolare della Ndrangheta calabrese, sugli appalti attorno alle grandi discariche del Valdarno aretino. Una storia di gare, ditte sospette, nomi chiacchierati, condannati eccellenti, subappalti che da Terranuova Bracciolini e Castiglion Fibocchi arriva fino a due paesi delle province di Reggio Calabria e Crotone. Lì, all’origine della catena, ci sono due clan, i Commisso di Siderno e i Grande Arachi di Cutrò che potrebbero aver allungato i loro appetiti fino alla gestione dei rifiuti nella lontana Toscana.

Il caso lo aveva sollevato un anno fa, il 9 agosto, un blitz della Dia (la distrettuale antimafia) e del nucleo operativo ecologico della Guardia di Finanza nella discarica di Podere Rota (comune di Terranuova Bracciolini) in questi giorni di nuovo al centro dell’attenzione perchè il sindaco di San Giovanni, Maurizio Viligiardi ne chiede la chiusura: troppi cattivi odori. Gli inquirenti dell’antimafia avevano sequestrato una cassettata di documenti che ora un’inchiesta del Tg 3 toscano e la conseguente dichiarazione del capogruppo in Regione di Forza Italia, Stefano Mugnai, riportano sotto la luce dei riflettori.

In sostanza, l’appalto da 250 mila euro per l’ampliamento della discarica era stato aggiudicato, dopo la rinuncia della ditta vincitrice di Matera, alla Italcostruzioni Srl, controllata ufficialmente da una signora incensurata ma con la particolarità di essere sposata a Francesco Cataldo, figlio di Vincenzo, lui sì condannato a 9 anni, sia pure solo in primo grado, per associazione mafiosa, considerato vicino appunto alla Ndrina dei Commisso di Siderno. L’inviato del Tgr Walter Rizzo ha rintracciato a Siderno negli uffici di Italcostruzioni, proprio Francesco Cataldo: inutile dire che nega tutto, persino il legame di parentela del padre e della nonna con i Commisso. Non può negare la condanna di Vincenzo, assicura però che tutto si chiarirà.

Ma non finisce qui. A Castiglion Fibocchi, pochi chilometri di Terranuova, c’è un’altra discarica, dismessa, «Il Pero», per la quale Csai, la stessa società che controlla anche Podere Rota e che giura di non saperne niente, ha bandito l’appalto di copertura dei rifiuti. Lo ha vinto una società di Giardini Naxos, ai piedi di Taormina, la Progetto Geoambiente Srl, che però si è affidata in subappalto alla Damit Mpa di Alba, provincia di Cuneo. Profondo nord, dunque, ma i soci di fatto sarebbero i fratelli Giuseppe e Antonio Giampa, figli di Domenico, sposato con Bettina Grande Arachi, sorella di Nicolino, capoclan in galera al 41 bis. La Damit avrebbe dovuto mettere solo un paio di ruspe ma ha svolto in realtà quasi la metà dei lavori, acquistando il materiale di copertura da una ditta di Bucine, ancora Valdarno aretino, controllata da Francesco Veloso, pure lui di Cutrò.

Intrecci che se fossero riscontrati confermerebbero le infiltrazioni delle mafie lungo tutta la striscia a fianco della linea veloce ferroviaria Arezzo-Firenze. I clan arrivarono trent’anni coi lavori di movimento terra della Direttissima e non se ne sono più andati. Per loro, comunque, il Valdarno è soprattutto zona di riciclaggio economico, non di violenza, anche se resta un episodio inquietante come l’esecuzione dei fratelli Talarico, sospetti ndranghetisti, nell’aprile 2006. Un omicidio rimasto insoluto. Mugnai preannuncia un’interrogazione in Regione: la giunta ha il dovere di fare chiarezza su questi intrecci.