Morti all'archivio, 5 indagati: direttore e titolare della manutenzione. Gli ultimi nomi

Conclusa la notifica, ecco chi riguardano, dai dirigenti alle aziende esterne. Per ora sono avvisi di garanzia "tecnici" in vista dell'autopsia di oggi. Affidata l'autopsia: è in corso

La tragedia in centro

La tragedia in centro

Arezzo, 24 settembre 2018 - Qualcuno di loro, magari, se lo aspettava già, perchè era chiaro fin dalle prime ore che l’inchiesta sui morti asfissiati dell’archivio di stato sarebbe approdata verso quelle che in gergo si chiamano «le figure di garanzia», all’interno della catena di comando, di sicurezza e manutenzione dell’impianto anti-incendio che ha rilasciato il gas assassino. E tuttavia deve essere stato lo stesso un colpo al cuore vedersi arrivare a casa, nella quiete apparente del fine settimana, l’atto giudiziario più temuto, l’avviso di garanzia per omicidio colposo plurimo. Preludio all'autopsia che è stata affidata in procura alle 14. I medici legali sono al lavoro, i risultati si sapranno in serata.

Come La Nazione aveva anticipato ieri, sono cinque le persone che hanno così capito di essere finite nel registro degli indagati, iscritte dal Pm Laura Taddei, titolare del fascicolo sulla tragedia di giovedì. Il più noto di loro è sicuramente Claudio Saviotti, direttore dell’archivio di stato, colui che ci aveva messo la faccia fin dai primi minuti, con la faccia stravolta e la barba scompigliata che si stagliava su una polo color fucsia. Per lui non solo il dolore di aver perso due dipendenti, ma ora anche l’amarezza dell’avviso di garanzia, rilanciato dai Tg nazionali nell’edizione dell’ora di pranzo domenicale.

Nè ha evitato di finire fra gli indagati Maurizio Morelli, titolare della ditta Remas che aveva in appalto la manutenzione del sistema anti-incendio. Anche lui era fra i volti concitati che si erano affacciati sulla scena della tragedia praticamente in diretta, mentre i soccorritori stavano ancora provando a rianimare Piero Bruni e Filippo Bagni, le due vittime, crollate sulla soglia del bugigattolo saturo di gas Argon, quello che teoricamente dovrebbe servire a spegnere eventuali fiamme e che invece si è concentrato, in proporzioni letali, nello scantinato della centralina. «Filippo!! Piero!!», mormorava fra sè, prima ancora che i giornalisti gli dessero la notizia che era tutto finito.

Con lui riceve l’avviso di garanzia il professionista, il geometra aretino Franco Conti, che aveva avuto un incarico dalla Remas in  relazione alla manutenzione, mentre gli ultimi indagati sono due tecnici di fuori, che hanno firmato il piano di sicurezza per conto della società nazionale cui il ministero dei beni culturali si è affidato in outsourcing per la gestione della sicurezza nei suoi edifici, compreso il Palazzo Camaioni-Abergotti. Sono Monica Scirpa, responsabile, e Alessio Vannaroni, entrambi di Roma.

La raffica degli avvisi non è tuttavia, non ancora almeno, un indice di responsabilità. In questa primissima fase delle indagini la polizia giudiziaria cui si è affidata il Pm Taddei (carabinieri, vigili del fuoco e servizio Usl di prevenzione igiene e infortuni nel luoghi di lavoro) ha risalito la catena del sistema di sicurezza e ha individuato alcune figure che in futuro potrebbero finire al centro delle indagini.

Non sono colpevoli, insomma, siamo in un momento molto più preliminare, quello dell’autopsia in cui i cinque hanno ora diritto di nominare un proprio consulente. Una garanzia, non un’imputazione. Oggi pomeriggio, appunto, l’autopsia, poi forse si comincerà a capire qualcosa in più di ciò che veramente è accaduto.

Perché resta adesso la voglia di verità e di giustizia che sale dalle famiglie, da una città ferita, da un mondo del lavoro colpito al cuore, fino alla proclamazione dello sciopero generale nel giorno dei funerali. Ci vorrà tempo e pazienza per soddisfarla. Perchè i nodi da sciogliere sono ancora molti. Ne abbiamo sintetizzati cinque, che paiono tra i più importanti. Perché innanzitutto l’allarme anti-incendio è scattato a vuoto, nonostante la procedura di sicurezza prevedesse la confer- ma non di un solo sensore ma di più di uno? E per quale motivo è stato lo stanzino in fondo alle scale a saturarsi di Argon? Perdipiù in una concentrazione superiore a quella stabilita anche in caso di emergenza? Non avrebbe dovuto il gas incanalarsi verso le tubature che portano ai piani superiori?

C’è poi la questione più scottante di tutte, quella che ha deciso del destino di due vite: perchè Piero e Filippo hanno scelto di scendere nel seminterrato, invece di aspettare il personale della ditta di manutenzione (avvertita subito) e i vigili del fuoco? Di falsi allarmi ce ne erano stati altri; può essere che tutto fosse diventato una routine non più considerata pericolosa? Le risposte dipendono anche da come era congegnato il piano di sicurezza: è stato rispettato fino in fondo? E se sì, era quello giusto per rispondere a un’emergenza? Domande, per ora solo domande. Ma in un’inchiesta così complessa è normale che sia così. Le risposte verranno in seguito.