Arezzo magica: un centro come uno scrigno

Dagli affreschi di Piero al Crocifisso di Cimabue, piccola guida a cosa i turisti possono visitare e gli aretini riscoprire: Pieve e Duomo in testa

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di Salvatore Mannino

Qualcuno dei tanti visitatori illustri che l’hanno raccontata (e ci vorrebbe un dizionario per indicarli tutti, da Montaigne nel ’500 fino ai Nobel Camus, Garcia Marquez e Saramago in tempi recenti) ha detto che Arezzo volge le spalle a chi ci arriva. In effetto, vista dal basso, la v città ha l’aspetto di una matrona adagiata su un piano inclinato che sale verso l’alto dell’acropoli, col Duomo e la Fortezza, voluta nel ‘500 dai Medici e progettata da Antonio da Sangallo non come una difesa degli aretini verso l’esterno ma come lo strumento attraverso il quale Firenze poteva controllare una popolazione fin troppo ribelle.

Per evitare anzi ogni ostacolo che potesse impedire il tiro dei cannoni verso la città, Cosimo I ordinò l’abbattimento del palazzo Comunale e di quello del Capitano del Popolo che chiudevano la Platea Communis, ora piazza Grande, di cui restano oggi soltanto i ruderi, testimonianza muta della perduta potenza di età medioevale. Al tempo fu costruita anche la cinta muraria medicea, dentro la quale sono ancora racchiusi quasi tutti i tesori artistici di Arezzoi.

Venendo dalla città moderna, il primo monumento che si incontra, ancora quasi in piano, è la chiesa di San Francesco, con gli affreschi della Leggenda della Croce di Piero della Francesca e quelli dei maggiori artisti locali dell’epoca: Spinello Aretino, il giovane Luca Signorelli, il cosiddetto Maestro di San Francesco, contemporaneo di Cimabue. Tutto intorno la piazza omonima, un salotto chiuso dal Caffè dei Costanti, di epoca napoleonica. sbarrato da pochi giorni Furono gli anni in cui si ipotizzò di trasformare la chiesa in teatro, distruggendo il ciclo di Piero. Il teatro poi fu costruito davvero nel 1833 e prese il nome della gloria locale, Francesco Petrarca, ma sul lato di quella che è adesso via Guido Monaco, dall’altra parte della piazza, boulevard realizzato dopo l’Unità, dal centro alla stazione.

Si può poi imboccare via Cesalpino (un altro grande aretino) e salire fino alla piazza del Palazzo dei Priori (sede del Comune), chiusa a nord dalla Cattedrale e dal Palazzo Vescovile (che ospitò il primo conclave della storia). In Duomo, insieme alla Maddalena di Piero le volte e le vetrate dipinte dal Marcillat, fra le più belle d’Italia. In fondo alla navata centrale un capolavoro medioevale, il Cenotafio di Guido Tarlati, Signore della città nel ‘300 della massima potenza.

Sotto la cattedrale la Casa del Petrarca, individuata come quella natale del poeta, anche se forse è leggenda, scendendo ancora le Logge Vasariche introducono a piazza Grande, cuore della città medioevale,, con l’abside della Pieve, la cui facciata su Corso Italia è splendido esempio di romanico. Dentro un polittico di Pietro Lorenzetti, sulla facciata lo straordinario Ciclo dei Mesi medioevale.

Dall’altro lato del Duomo, l’austera chiesa di San Domenico, che ospita però un capolavoro inaspettato: il crocifisso di Cimabue, l’unico intatto dopo l’alluvione di Firenze. Poco lontano la via XX Settembre con la Casa del Vasari, affrescata personalmente dall’autore delle “Vite”. Conserva l’archivio omonimo, una miniera del Rinascimento: lettere di Papi e Granduch e pure un sonetto di Michelangelo.