Fort Knox, condanne e confische confermate anche in appello

L'accusa regge anche in secondo grado. Dei tredici del rito abbreviato solo in due spuntano l'assoluzione ma sono posizioni minori

Svolta per Fort Knox

Svolta per Fort Knox

Arezzo, 10 luglio 2020 - Non basta il processo d’appello a Firenze per il caso Fort Knox a cambiare la sorte della gran parte degli orafi che erano già stati condannati in primo grado ma che soprattutto avevano subito le confische, fino a quasi 200 milioni in solido, inflitte in rito abbreviato dal giudice Marco Cecchi, una sorta di ergastolo economico che era già stato confermato in cassazione per gli imputati, la stragrande maggioranza, una trentina, che avevano scelto la strada del pateggiamento: pene lievi e che non si scontano, ma conseguenze finanziarie pesantissime.

I giudici d’appello seguono la stessa strada, con una sentenza letta a metà pomeriggio. Si salvano soltanto in due, Alessandro Migliori, difeso da Massimiliano Dei, e Luca Luman, assistito da Stefano Sacchi, spuntano l’assoluzione, uscendo dal meccanismo infernale. Gli altri dodici ci restano invece impigliati fino ai piedi. Le confische restano e con quelle l’obbligo di risarcire lo stato, impegno per il quale non sarà sufficiente una vita intera di lavoro. Fort Knox, che di recente è arrivato al verdetto (tutte condanne) del rito ordinario, è il nome dell’inchiesta del 2012 che portò alla scoperta del più grosso contrabbando d’oro in Svizzera di tutti i tempi: almeno 200 milioni appunto.