"A rischio non solo gli anziani"

Primari: numeri ormai vertiginosi "Gravi anche senza altre patologie"

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di Alberto Pierini

EZZO

"I negazionisti? Gli direi semplicemente di parlare con uno di quei parenti o amici che ormai tutti hanno e sono passati nel pieno della malattia". Raffaele Scala è il primario di pneumologia e quindi sulla trincea del Covid. E’ abituato a spaziare dal San Donato ai colleghi di oltre oceano, con i quali si confronta quasi tutti i giorni. "E’ un fenomeno mondiale, impossibile minimizzarlo". E’ lo stato d’animo con il quale i primari escono dai loro reparti, a fianco del direttore e della Asl Antonio D’Urso. Del triangolo "d’oro" anti Covid manca solo Danilo Tacconi ma poi capisci perché: è stata una di quelle giornate nelle quali i ricoverati si sono moltiplicati, fino a saturare l’area base del reparto. Ma gli altri bastano a lanciare l’allarme a cui tengono. "O i nostri comportamenti cambiano o non vinceremo questa battaglia" insiste Massimo Mandò: lui la sua battaglia personale l’ha vinta, tra i primi contagiati di marzo. E ora è lì, dalla guida del 118, a spalleggiare colleghi e amici.

"Attualmente ho 15 pazienti: è piena la stecca principale della rianimazione più altri tre letti del nuovo blocco" risponde senza tanti giri di parole Marco Feri, il responsabile della terapia intensiva. "Tre malati li abbiamo mandati fuori: serviva a preparare l’ampliamento del reparto". Perché su un punto insiste con forza. "Non bastano i ventilatori a fare la terapia intensiva: è necessario un complesso dinamico di persone, se non metti tutto insieme non funziona". Lo declina come quando scrive una canzone, fondendo parole e musica. Ma è una musica pesante. "La degenza va dai 15 ai 20 giorni. Non sono le classiche polmoniti: devi aspettare ad estubare il paziente, il polmone tende a ricollassare e dovresti ricominciare da capo".

Sotto sotto però trasmette fiducia. "Sono contento per come stiamo lavorando": e non lo dice per autocelebrarsi. "E’ una malattia che chiama in causa anche altre professionalità: e li abbiamo intorno, dai cardiologi ai geriatri agli ematologi" racconta intanto Scala. "Nove malati su dieci ne escono quasi senza accorgersene, tra 5 e dieci rischiano grosso: finisce che i primi si chiedono perché si debba chiudere un Paese per difendersi e gli altri perché non lo si faccia prima". Dall’interno dei reparti mantiene la capacità di guadare la vicenda alzando la testa. E lo stesso fa Feri.

"Non è una patologia solo respiratoria ma sistemica: chiama in causa il cervello, il cuore, i reni". E su un punto suonano il campanello d’allarme tutti e due. "Attenzione: non rischiano solo gli anziani, non rischiano solo quelli con patologie collaterali. Ormai ci sono in rianimazione anche pazienti quasi perfettamente sani". Mettono il sigillo a quello che poco prima aveva spiegato la direttrice del San Donato Barbara Innocenti. "La media resta di 65 anni ma è una malattia che può colpire chiunque".E colpisce.

Nei numeri dei contagi,e forse sarebbe il meno, ma anche nella loro ricaduta ospedaliera. "Diffidate -insiste Feri – di chi sul web circola con medicine miracolose". Mentre il lato umano è quello che li impegna 24 ore su 24. "Vengo ora dalla comunicazione con le famiglie – spiega Scala – uno dei momenti più duri. La crescita è molto più alta che a marzo: ed è imprevedibile quanti possano essere i ricoverati a fine giornata. E questo rende tutto più difficile". "Dobbiamo riuscire a limitare i contagi" insiste Mandò. Mentre i suoi mezzi circolano nel territorio. "Abbiamo rafforzato ambulanze, pulmini Covid, tecnologie". Lo dice con l’orgoglio di sempre. "Ma se non stiamo tutti attenti non basterà". Malato prima, al pezzo dopo, non gli dite che ancora qualcuno nega l’epidemia: non lo sopporterebbe.