Arezzo, 18 marzo 2014 - NON C’È PIÙ il nero di una volta, sparito come le mezze stagioni. Ormai degli anni ruggenti rimangono soprattutto i nostalgici, quelli che ricordano i tempi in cui il settore orafo era una specie di Far-West sconosciuto al fisco, una mappa nella quale le aziende di gioielli erano contrassegnate sotto l’antica insegna: hic sunt leones. E di più non valeva la pena di chiedere. Perchè poteva capitare di trovarsi di fronte a un imprenditore del tipo di quello che, secondo la leggenda, dinanzi all’ennesima ispezione fiscale, sarebbe sbottato dinanzi ai finanzieri: lo vedete questo muro? E’ fatto di lingotti e non di mattoni. Chiudo l’azienda e mi godo la vita.

Solo di storielle di quelle che si raccontano fra amici? Può essere. Fatto sta che una fetta di nero, di sommerso se preferite, ancora resiste. Vedi i capitali aretini esportati all’estero. Perchè se la previsione è che con il nuovo scudo fiscale rientrino fra i 300 e i 400 milioni, l’ammontare totale, solo per questa provincia, è probabilmente molto più alto, intorno al miliardo di euro. Che sono pur sempre duemila miliardi delle vecchie lire. Come a dire roba parecchio tosta.

Cifre che emergono a margine del convegno organizzato da Banca Etruria alla Borsa Merci ieri pomeriggio e al quale partecipa lo stato maggiore dell'istituto di credito con alcuni big dell'economia. Come il presidente della Camera di commercio Andrea Sereni, secondo il quale l'80 per cento dei capitali aretini all'estero è nascosto nelle banche svizzere. Parlano anche il direttore generale di Banca Etruria Luca Bronchi e il direttore centrale commerciale Federico Baiocchi Di Silvestri.

Ma COME  si arriva alle stime sopra ricordate, che, a parte le stime sul rientro legato alla Voluntary disclosure, sono frutto di un'autonoma elaborazione de La Nazione? Per via puramente statistica. Bankitalia stima che i capitali italiani fuori confine si aggirino intorno ai 180-200 miliardi. Arezzo vale come popolazione un duecentesimo di quella nazionale. Fate la divisione e arriverete al famoso miliardo. Che oltretutto è una stima prudenziale. Perchè gli aretini sono più ricchi della media nazionale e perchè l’attività economica prevalente, quella orafa, è particolarmente esposta alla tentazione del gruzzoletto in Svizzera o in qualche altro paradiso fiscale.

Quanti saranno questi Paperoni nascosti cui adesso si offre la possibilità di ripararsi dietro lo scudo della legge? La classica domanda da un milione di dollari, anzi da un miliardo di euro per restare in tema. Fossero mille, saremmo a una media di un milione di euro a testa nascosto oltre confine, se li riduciamo a qualche centinaio il conto cifrato di ciascuno cresce.

Bene, stimano gli esperti che i più incalliti fra gli esportatori di capitali siano proprio gli orafi che oltretutto, lavorando molto con l’export, hanno più occasioni di scovare le vie traverse. Ma anche nel settore dei gioielli i tempi sono cambiati e il nero è più difficile. Se dunque all’epoca d’oro si arrivava a percentuali di sommerso che erano intorno al 50 del fatturato (era il periodo in cui Arezzo era una delle città d’Italia in cui più si pagava in contanti, che notoriamente non lasciano tracce), adesso evadere le tasse è molto più complesso. Lo dicono i rappresentanti della categorie e lo riconosce anche la Finanza.

Dire che il fatturato del comparto orafo (gioielli e lingotti) è più alto che mai: circa 4 miliardi e mezzo. Valessero le stime degli economisti nazionali, che stimano il sommerso intorno al 15-20 per cento del totale, saremmo ancora di fronte a 600-800 milioni sotto traccia.

SE POI gli stessi calcoli andiamo a farli per il complesso dell’economia aretina, si arriva a cifre ancor più cospicue. Dinanzi a un Pil provinciale di 8-9 miliardi, il sommerso potrebbe rappresentare fra il miliardo e mezzo e i due miliardi. Conto all’ingrosso, ma confermato da una sorta di prova del nove. Il sommerso stimato del paese è di 333 miliardi, diviso per duecento, secondo il solito coefficiente, si arriva a un miliardo e 650 milioni. Da ritoccare al rialzo per le ragioni sopra dette.

Del resto, che una zona grigia fra legale e illegale esista lo dicono anche altre ricerche. Come quelle sui redditi dichiarati dagli aretini. Ebbene, siamo a una media, di circa 21 mila euro, la più bassa della regiione, fatta eccezione per Grosseto. Persino a Massa Carrara sono teoricamente più ricchi di noi. Possibile, specie nel momento in cui il governatore Enrico Rossi viene qui in visita a complimentarsi per il reddito raggiunto, fra i più alti, dice lui, della Toscana? Per la cronaca, il Pil pro-capite regionale è di 26 mila euro. Ecco, in quella forbice fra i 21 mila euro dichiarati e 26 mila delle statistiche, si annida il solito nero. Ma non domandate a quanto ammonti. Toccherebbe rispondere con Montale: «Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Federico D'Ascoli

Salvatore Mannino