Arezzo, 10 ottobre 2013 - Era il 22 aprile 1998 quando arrivò la la sentenza definitiva in Cassazione per l'ex Maestro della Loggia P2: pena da scontare 12 anni ridotti ad 8 e 6 mesi.

Da quel momento di Licio Gelli non si seppe più niente. L'ex maestro fuggì da villa Wanda, senza lasciare la minima traccia di sè. Fu subito bufera sulle forze dell'ordine accusate di non aver fatto il loro dovere. Ma dal ministro Napolitano arrivò rapida l'esclusione di ogni responsabilità della Questura.  "Gelli dal 4 maggio, giorno in cui venne emesso il mandato di carcerazione, aveva solo l'obbligo di firma una volta al mese".  Doveva farlo anche quel 4 maggio, ma non si presentò.

Inizia una caccia all'uomo. Gelli viene cercato dall'Interpol soprattutto in Argentina e Uruguay, ma c'era chi sosteneva, fra questi il suo avvocato, Raffaello Giorgietti, che per le sue precarie condizioni di salute, (aveva grossi problemi di cuore) si sarebbe rifugiato in Italia, forse in una clinica.

Ma quasi a sbeffeggiare tutti, dalla latitanza Gelli si fa sentire attraverso delle interviste, nelle quali fa sapere di voler vincere il premio nobel per la letteratura.

A metà giugno gli investigatori tornano sulle sue tracce. Sembra fatta. Viene intercettata telefonicamente la nipote, parla di problemi al cuore del nonno. Viene individuata una clinica a Marsiglia, ma quando arriva la polizia, Gelli (che si era registrato con un nome falso) era stato dimesso da poco, uscito dalla clinica con tanto di acpepllo, occhiali e baffi finti.

Ma la latitanza di Gelli ormai aveva le ore contate. A mettere sulle sue tracce gli inqurenti sarà involontariamente il figlio Raffaello seguendo i suoi spostamenti tra Costa Azzurra e Ginevra .

La polizia francese infatti lo fermò a Nizza nell'autunno dello stesso 1998 e lo rimandò in Italia, dove anche i figli furono processati e condannati per il favoreggiamento dell'evasione.