Arezzo, 12 marzo 2013 - Quando martedì i il Maestro delle Cerimonie ha intimato l’extra omnes dalla Cappella Sistina, si è ripetuto un antichissimo rituale (ora suggellato dall'elezione di Papa Francesco I) che per la prima volta è stato celebrato ad Arezzo, 737 anni fa, il 20 gennaio 1276. Allora bastò un solo giorno per eleggere il successore di Gregorio X, il Papa beato le cui spoglie sono conservate in Duomo, uno dei pochi che non sia sepolto nelle Grotte Vaticane. AStavolta ci sono voluti due giorni e cinque scrutini. Alla prima votazione i tredici cardinali di allora (fa un certo effetto il confronto con i 115 di adesso) scelsero uno di loro, Pietro da Tarantasia, che prese il nome di Innocenzo V. Sul soglio pontificio rimase solo pochi mesi, ma questa è un’altra storia.

A proposito di storia: eravamo appunto, in quel gelido e lontanissimo inverno da Tramonto del Medievo, in uno dei periodi di punta della potenza di Arezzo. Libero Comune di parte ghibellina, capace di confrontarsi alla pari con le città-stato vicine, a cominciare da Siena e Firenze, con la quale appena 13 anni dopo sarebbe arrivata la partita (e la sconfitta) decisiva a Campaldino, nel Sabato di San Barnaba dell’11 giugno 1289.

Quanto ai senesi, è Dante a ricordare come anche loro, insieme ai fiorentini, avessero corso in dispregio degli aretini le «Giostre del Toppo», prima memoria storica dalla quale nascerà la rievocazione moderna della Giostra del Saracino.

Il Vescovo del 1276 era ormai da una ventina d’anni quel Guglielmino degli Ubertini che sarebbe perito guidando gli aretini nell’assalto di Campaldino. Gregorio X, già malato, era entrato in città il 20 dicembre, dalla Porta del Foro, allora situata nella zona del Canto alla Croce, e aveva poi risalito la Ruga Mastra (le attuali Piaggia di Murello e via Ricasoli) fino al Palazzo Vescovile, situato più o meno dove è adesso, ma immerso in uno scenario del tutto diverso: al posto del Duomo c’era la cattedrale di San Pier Maggiore, piccola chiesa in cui i Vescovi si erano trasferiti dopo aver lasciato prima il Duomo Vecchio del Pionta, e poi la Pieve, con il suo Palazzo episcopale ora scomparso.

Era anziano e stanco Papa Gregorio X, reduce dal concilio di Lione, uno dei più importanti della Chiesa medioevale. Sedeva sul soglio di Pietro da quattro anni, dopo una delle elezioni più turbinose della storia, con una sede vacante infinita di tre anni abbondanti. I cardinali, riuniti a Viterbo dal 1268, si erano ritrovati paralizzati dai veti reciproci, incapaci di scegliere.

Dopo un anno e mezzo di vuoto, il celebre episodio del popolo viterbese che guidato dal capitano Raniero Gatti scoperchia il palazzo papale per obbligare il sacro collegio a decidere. Inutilmente però, perchè ci vollero altri quindici mesi per arrivare a quella che oggi si chiamerebbe l’elezione di un outsider: Teobaldo Visconti, Gregorio X appunto, che non solo non era cardinale ma neppure prete, sia pure con la fama di rettissimo uomo di chiesa e di intellettuale raffinato, amico di Tommaso d’Aquino, Bonaventura di Bagnoregio e altri teologi dell’università di Parigi,la più famosa dell’epoca. La notizia dell’elezione lo raggiunse addirittura a San Giovanni d’Acri, in Palestina, dove stava predicando la Crociata.

Dovettero farlo di corsa Vescovo, prima che potesse partire per Roma. Dove una delle sue prime preoccupazioni fu di regolare il sistema di scelta del Pontefice, che nel suo caso si era mostrato tanto farraginoso. Nel 1274, dunque, emanò la costituzione Ubi periculum, con le nuove norme di elezione: i cardinali dovevano essere segregati alla morte del Papa in un luogo chiuso a tutti (cum clave, da cui conclave) e se non trovavano un successore in tre giorni venivano messi a stecchetto: una sola portata. Dopo cinque giorni scattava la regola del pane e acqua.

Prima prova pratica appunto alla morte di Gregorio X, avvenuta nel palazzo Vescovile di Arezzo il 10 gennaio 1276, per un violento attacco febbrile. Toccò al Vescovo Guglielmino di organizzare l’evento. L’aspetto della zona non era certo quello di adesso: accanto alla piccola chiesa di San Pier Maggiore, che sarebbe poi stata trasformata nel Duomo attuale anche grazie a una donazione testamentaria del Papa defunto, c’era solo un’altra chiesetta (San Gregorio) e una via (di San Piero, la via Cesalpino di adesso) che arrivava fino alla sede episcopale, senza neppure Palazzo Cavallo.

L’afflusso dei cardinali fu rapido, tanto che in dieci giorni, il 20 gennaio, si potè avviare il conclave. Di quindici porporati vi entrarono in tredici. Il giorno stesso la proclamazione di Innocenzo V. Un autentico conclave di futuri Papi, perchè dei tredici cardinali ben cinque ascesero nel giro di pochi anni al soglio di Pietro: Ottobono Fieschi, Adriano V (1276); Pietro Juliani, Giovanni XXI (1276-77); Giovan Gaetano Orsini, Niccolò III (1277-1280); Giacomo Savelli, Onorio IV (1285-87). Papi di transizione, come si direbbe oggi.

Maggior traccia di loro lasciò Gregorio X, uno dei grandi pontefici medioevali, che ancora oggi fa la gloria della Cattedrale, con le sue spoglie conservate in un’imponente teca di vetro che trasuda potenza pontificia. Chiunque sia, da oggi, il nuovo Papa, sappia che il suo carisma nasce anche da questa urna medioevale e da una storia di conclavi iniziata sette secoli fa. Nella piazza del Duomo di Arezzo, appunto.