Arezzo, 9 novembre 2011 - Carte, denari, primiera e settebello. La scopa l’avevano piazzata gli uomini d’oro della Salp, quando l’8 marzo avevano ripulito l’azienda orafa di Poggio Bagnoli in quello che fu definito il colpo del secolo, ma la partita alla fine l’hanno vinta i buoni: la polizia, i carabinieri e il Pm Marco Dioni che coordina le indagini sull’assedio dei banditi al primo distretto nazionale dei gioielli. Tre arrestati e sei denunce, sul filo della pista pugliese che era affiorata già prima dell’estate. Ed è solo l’inizio, perchè non tutto è ancora chiaro, non tutti i componenti del commando alla Ocean’s Eleven sono finiti in galera, soprattutto non c’è ancora finito il capo della banda. Ma gli inquirenti hanno già un nome e chissà per quanto anche lui riuscirà a godersi il bottino del clamoroso raid: 150 chilogrammi d’oro (un terzo perso nella fuga) per un valore di oltre tre milioni di euro.
Pareva buio fondo in quella notte ancora invernale in cui il capitano Massimo Planera, comandante del nucleo radiomobile di Arezzo, fu svegliato dalla sua centrale operativa: «C’è qualcosa che non va dalle parti di Pergine». E non era solo questione di cielo scuro. No, le forze dell’ordine parevano sotto scacco, quasi irrise da una banda di una quindicina di persone capace di svaligiare il deposito automobilistico del Comune di Pergine, di usare persino lo scuolabus e la vettura dei vigili urbani per bloccare tutte le vie d’accesso alla Salp, di demolire una parete della fabbrica e di sventrare il caveau.
E invece persino in quella notte nera c’erano un paio di raggi di luce. Intanto una traccia di sangue rimasta sul fuoristrada usato dai banditi per la fuga con l’oro da cui si poteva ricavare il Dna. E poi l’intuizione giunta dalla Polstrada di Battifolle. Che il 19 febbraio, due settimane prima quindi, aveva trovato al bordo dell’Autosole ma già in un campo una gru identica a quella del colpo, arenata nel fango. Lì per lì era parso niente, ma fu idea felice in quell’alba livida ricollegarla al raid: e se la banda ci avesse già provato e avesse rinunciato per un guasto del gigantesco mezzo poi abbbandonato?
Mai un’ipotesi è stata tanto azzeccata. Perchè risalendo all’imprenditore di Jesi che l’ha noleggiato si scopre che ne ha poi dichiarato il furto con una denuncia che appare subito clamorosamente falsa. Quanto basta perchè già il 9 marzo, il giorno dopo, il Pm Marco Dioni gli metta il telefono sotto controllo con provvedimento d’urgenza. E qui casca l’asino. Perchè gli investigatori ascoltano il marchigiano che commenta le immagini del colpo in Tv con Luigi Martiradonna, uno degli arrestati di sabato e domenica, di Cerignola, 56 anni, quello che l’ha indotto alla denuncia di furto. A seguire altre telefonate quantomeno imprudenti.
L’imprenditore di Jesi viene messo alle strette e accetta di collaborare. Anche dalla malavita di Andria filtrano soffiate al locale commissariato. Si arriva così agli altri nomi, fra cui quello di Pietro Policastro, 42 anni, l’uomo del Dna. Ma come avere la certezza che sia proprio il suo? Il pregiudicato viene invitato a prendere un caffè, poi si preleva la saliva della sua tazzina: i codici genetici sono identici.
Intanto, la Mobile di Isadora Brozzi e il nucleo radiomobile di Planera hanno imbroccato un’altra pista giusta. Dalla matricola del braccio meccanico della gru sono risaliti, lavorando anche in Germania, all’ultimo proprietario: è Ignazio Sansonne, 40 anni. Nemmeno lui, probabilmente, come Martiradonna, ha fatto parte del commando di Poggio Bagnoli, ma è stato un personaggio fondamentale del milieu logistico, quello che ha consentito alla gang di agire con spietata efficienza.
Nel gruppo degli esecutori materiali ci sono invece, pensano gli inquirenti, tutti o quasi i sei denunciati. Per averne la certezza servirebbe un’altra prova del Dna, ma per farla occorrono gli avvisi e quindi mettere tutti sull’allerta. Meglio arrestare prima chi è più compromesso (le tre ordinanze sono firmate dal Gip Giampiero Borraccia). Come succede fra sabato e domenica. Ora si può procedere con la comparazione dei codici genetici e cominciare a ricostruire il commando. Certo, qualcuno ancora manca, ma se il buongiorno si vede dal mattino è solo questione di tempo e di pazienza.
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