Arezzo 21 maggio 2010 - Più che fratelli-coltelli sono cugini-coltelli. Nel senso che davanti alle telecamere si invocano baci e abbracci con qualche toccante invito al volemose bene (Emanuele Filiberto al cugino Amedeo, con tanto di appuntamento, disertato nella trasmissione di Pupo su Rai Uno) e dietro il palcoscenico si muovono invece gli avvocati. Incaricati di portare avanti una guerra dei Savoia che a questo punto non è più soltanto su un cognome e su un titolo ma anche una questione di vil denaro.
Che vede opposti, come sempre, i Savoia del ramo principale, ossia Vittorio Emanuele col figlio Emanuele Filiberto, ormai una star dell’entartainment televisivo e dall’altro i parenti del ramo cadetto ma che aspira a essere quello di riferimento della Casa Reale, ovvero Amedeo d’Aosta e il figlio Aimone.
Se l’antica regola francese è cherchez la femme, qui il principio ispiratore è un altro, cherchez l’argent. Traduzione libera: caccia al denaro. Quello che gli Aosta erano stati condannati a pagare quale risarcimento ai cugini nella famosa sentenza del giudice aretino Danilo Sestini sul cognome Savoia, che solo Vittorio Emanuele e Filiberto hanno diritto a portare senza alcun predicato Sono 200 mila euro (50 mila da ciascuno degli Aosta a ciascuno dei parenti del ramo principale) per i quali il principe di Napoli e il duca di Venezia, ossia figlio e nipote dell’ultimo re Umberto II, diedero subito mandato ai loro avvocati di procedere.
Perché per legge le sentenze civili sono immediatamente esecutive: Chi perde paga: pochi (o tanti), maledetti e subito. Gli Aosta, però, si rifiutarono a ogni composizione bonaria già all’indomani del verdetto, in febbraio. A Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto non rimase che dare mandato al loro avvocato, Nicola Madia, di andare per via giudiziaria. Ossia col sistema classico previsto dal diritto civile: precetto con l’invito a saldare e successivo pignoramento a garanzia del debito.
Madia e la sua squadra di segugi hanno setacciato le banche aretine finchè non hanno trovato un conto corrente intestato ad Amedeo. E lì hanno pignorato. Presso il terzo, come si dice in gergo. Sono all’incirca 40 mila euro che ovviamente coprono solo una parte della somma totale, ma intanto sono soldi. Per questo lo staff legale dei principi ha chiesto l’assegnazione definitiva del conto bancario. L’udienza è già fissata, si svolgerà fra 5 giorni, il 25 maggio, davanti al giudice civile. E intanto continua la caccia anche ad eventuali beni pignorabili di Aimone. Ma qui le cose si complicano.
Perché l’erede Aosta è residente a Mosca e bisogna dunque avviare una procedura internazionale. Non è però che mentre gli avvocati dei cugini gli pignoravano le disponibilità creditizie Amedeo sia rimasto con le mani in mano. Dalla sua residenza di Meliciano, comune di Castiglion Fibocchi, ha incaricato i suoi legali (fra i quali adesso c’è Virginia Ripa di Meana, dell’omonima grande famiglia romana) di presentare appello sia contro la sentenza principale che contro la procedura esecutiva a garanzia del debito, per la quale, come consente la legge, è stata chiesta la sospensiva. Se ne discuterà davanti alla corte d’appello civile di Firenze nell’udienza del 15 giugno. Se i giudici dessero ragione al Duca, il pignoramento sarebbe automaticamente sospeso fino alla prossima sentenza. Altrimenti i principi potranno affondare le mani nel conto del cugino.
Quanto all’appello principale, quello su chi ha diritto a portare il cognome Savoia, la data del processo slitta al 2011. Coi tempi dell giustizia civile italiana, se ne saprà qualcosa non prima del 2012-2013. In ballo stavolta non c’è solo il vil denaro ma anche l’onore. Chi davvero, fregiandosi del cognome allo stato puro, è il capo della Casa Reale e l’aspirante al fantasmatico trono d’Italia? Ancora una volta tocca a giudici della repubblica pronunciarsi, ma vale sempre l’ironia di Amedeo: per discutere su chi sia l’aspirante al trono bisognerebbe prima che un trono ci fosse.
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