"La vita pensata da dentro", il nuovo film di Maraghini e Pacileo sulla psicosintesi

Stasera l'intervista di Daniele Bossari a Radio Deejay. Un percorso interiore, quasi una autobiografia, per scoprire la bellezza della vita. Il secondo docufilm ispirato all'insegnamento dello psichiatra Assagioli padre della psicosintesi

Fernando Maraghini

Fernando Maraghini

Un lungo viaggio emozionale tra stati d’animo e sentimenti molteplici, testimonianze di psicosintetisti, maestri di meditazione, un viaggio dentro la storia di ogni essere per raggiungere un territorio meraviglioso da scoprire: ‘il mondo interiore’. Dopo la storia del maestro della psicosintesi lo psichiatra Roberto Assagioli raccontata in un film, adesso arriva la seconda produzione di Fez Film di Fernando Maraghini e Maria Erica Pacileo, il film documentario “La vita pensata da dentro: in viaggio con Roberto Assagioli e la meditazione creativa” che uscirà il 25 gennaio ma che verrà presentato con una intervista a Maraghini oggi, domenica, da Daniele Bossari nel suo programma “Il boss del weekend” in diretta su Radio Deejay dalle 20 alle 22.

Fare  pace con i propri fantasmi interiori, ritrovare la gioia di vivere, accettare ciò che è stato e che non potrà più essere un peso ma un dono per comprendere il vero senso della vita, anche attraverso l’esperienza del dolore. E’ un percorso che tutti vorremmo portare a compimento, un percorso che l’attore e regista aretino Fernando Maraghini ha fatto passo dopo passo unendo la sua professione a questa esigenza di crescita interiore.

Un film che riprende il discorso del documentario precedente raccontando l’esperienza personale di Maraghini. “Abbiamo sentito urgente il desiderio di continuare a parlare di psicosintesi e dei benefici che questa metodologia ha apportato alla nostra vita umana e artistica, raccontando in prima persona quello che è stato il mio approccio alla psicosintesi - spiega l’attore e registra - e ciò che ha saputo trasformare in me e nella mia vita”. Si parte da lontano, da un dolore profondo, dal padre operaio Sacfem che muore sul lavoro e lascia un figlio di solo cinque mesi. “Tutta la mia vita è stata una ricerca di un abbraccio di cui non ho memoria. Esiste solo una fotografia che mi ritrae all’età di tre mesi in braccio a mio padre, e poi il nulla. La mia infanzia è stata scandita dalla lotta, dalla rabbia nei confronti di un destino, che le persone intorno a me volevano rimanesse segnato per sempre, mentre io sin da bambino desideravo trovare una strada per uscire dal ruolo di orfano”.

La strada della guarigione è lunga ma l’amore la indica chiaramente: la passione per il teatro “condiviso con una donna speciale Alessandra Bedino, alla quale devo molto, le devo il periodo di formazione e lo sviluppo di una passione condivisa e salvifica”. Ma c’era sempre quello spazio vuoto: “Ogni risultato raggiunto, ogni gratificazione professionale segnava un vuoto in me. Mi affacciavo alla platea gremita di gente ma scorgevo sempre in prima fila una poltrona vuota, quella che avrei destinato a mio padre, e tutto ciò finiva per aumentare il mio senso di incompletezza”. Poi arriva la donna della vita, la madre di suo figlio: “La vita generosamente, mi ha fatto conoscere Maria Erica, che insieme e mio figlio, rappresenta il dono più grande. Insieme abbiamo affrontato i nostri fantasmi, abbiamo ricostruito i cocci delle nostre esperienze passate e abbiamo trovato la strada per essere più sereni. Il lavoro e la vita privata sono diventati una cosa sola e l’esperienza di essere genitori ci ha permesso di non essere già orfani, di abbracciare la vita finalmente”. Un percorso di guarigione fatto insieme anche attraverso la psicosintesi. Dal buio alla luce, come sul palcoscenico, della vita.