
Bottega Burzi in Fraternita con Pier Luigi Rossi e Fausto Casi
Arezzo 29 dicembre 2018 - Il tempo è di casa nel palazzo di Fraternita. Antichi ingranaggi scansionano i secondi e raccontano come la misurazione delle ore si sia evoluta dal Quattrocento a oggi. Il padre di tutti questi meccanismi è il grande orologio di piazza del 1552 che con funi e pesi attraversa piani e solai e appare nelle nuove sale dedicate all’orologeria che verranno inaugurate oggi alle 17 grazie a una importante donazione che ha salvato una memoria storica aretina, l’antica bottega di orologeria della famiglia Burzi. Salvata anche l’insegna che ricorda l’anno di apertura del negozio: il 1921 in via Cesalpino. Tre generazioni che fino a due anni fa, con Francesco Burzi, hanno segnato il tempo a tutti gli aretini. La bottega è ricostruita nelle sale di Fraternita grazie a Giuseppe Fanfani che ha fatto da intermediario tra la famiglia e il rettore di Fraternita Pier Luigi Rossi e grazie a Fausto Casi che ha curato l’allestimento collegandolo alla sua collezione di orologeria antica: “I miei pezzi vanno dal ‘400 all’800 - spiega Casi - poi arriva Burzi a completare con il ‘900 la nostra mostra di orologeria meccanica”.
“Il lavoro è cultura - sottolinea il rettore Pier Luigi Rossi - per questo abbiamo deciso di ricostruire in Fraternita la bottega Burzi che diventerà anche un laboratorio di formazione per giovani orologiai. Dopo decenni gli aretini hanno ricominciato a fare donazioni alla Fratermjta segno che siamo tornati protagonisti della vita reale della città”. Entriamo dunque in anteprima nella bottega Burzi, allestita al piano terra e al secondo piano, tra orologi a pendolo, sveglie, cucù, cassetti che custodiscono lancette, bilancieri, pezzi meccanici. C’è anche il grande pendolo che accoglieva i clienti del negozio.
“Questo era l’orologio di riferimento per la scansione del tempo - spiega Fausto Casi che per la Fraternita da 25 anni è il restauratore e il ‘temperatore’ del grande orologio di piazza - è costruito con legni e metalli differenti per non subire cambi di temperature, era il campionatore, serviva a registrare tutti gli orologi della bottega”. Al secondo piano l’altra bottega Burzi con gli attrezzi da lavoro e la collezione Casi. “La mostra parte da due orologi, pezzi unici al mondo, degli inizi del ‘400 - illustra Casi - due svegliatori monastici che servivano ai conventuali per sapere quale preghiera leggere nel libro delle ore. Non hanno il pendolo, che sarà inventato nel Seicento, ma bilancieri a corona, proprio come inizialmente aveva l’orologio di Felice da Fossato. Poi dal ‘600 in poi con Galileo il meccanismo cambia diventa a scansione sincronica e si evolve”.
Ecco orologi da torre con funi e pesi, un orologio ottocentesco proveniente da un teatro di Siena da caricare a manovella con il grande quadrante che si affacciava sulla platea e il piccolo gemello che serviva a regolarlo, un grande pendolo a colonna dell’Ottocento, pezzi provenienti da Perugia e da Mugliano, e la riproduzione del quadrante di piazza con la triangolazione terra, luna e sole che Casi ha fatto realizzare e portato in giro per il mondo per spiegare come funzionavano gli orologi astronomici con le loro fasi lunari. Le fattucchiere , fanno sapere Rossi e Casi, lo leggevano da Piazza Grande per predire il futuro: naturalmente più venivano pagate più sarebbe stato roseo.