{{IMG_SX}}Arezzo, 28 ottobre 2008 - L’onore perduto di Paolo Bertini torna integro a mezzogiorno di un lunedì di fine ottobre. E’ la Caf ad assolverlo definitivamente da Calciopoli con una sentenza clamorosa, inattesa forse almeno nella sua nettezza, a un mese e mezzo di distanza dal processo sportivo d’appello dell’11 settembre per le schede svizzere. L’arbitro aretino, dicono i giudici federali, non doveva nemmeno essere giudicato, il suo caso era stato chiuso nell’aula di Calciopoli uno e nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto, uno dei principi cardine di ogni ordinamento giuridico. In pratica è un foglio immacolato che viene steso sopra tre anni di indagine calcistica e tre gradi di giudizio. Nel primo dibattimento, infatti, Bertini era stato assolto con formula piena e la sentenza di adesso, che annulla la condanna a un anno e mezzo della commissione disciplinare, dice che il fischietto aretino è il solo personaggio del football nazionale che esce indenne dal doppio scandalo di Calciopoli uno e Calcipoli bis. Qualcuno era già stato prosciolto assieme a lui nel primo processo, ma nessuno, ad eccezione sua, ha dovuto subire da innocente il calvario di ben due giudizi.

 


Assieme a Bertini, la Caf manda assolti anche altri due ex arbitri, Marco Gabriele e Massimo De Santis, ma soprattutto annulla la condanna di Luciano Moggi. E’ ovvio che l’attenzione delle cronache nazionali è tutta per Big Luciano e tuttavia per nessuno come per il fischietto aretino questa sentenza è la fine di un incubo. "Ora mi devono restituire l’onore", tuona Paolo, come lo chiamano tutti in città, a commento di quella che finalmente è una bella giornata, dopo 18 mesi di tormento, dall’aprile 2006 in cui arrivò la sospensione cautelativa del presidente dell’Aia, Cesare Gussoni. Bertini non ha più rivisto il prato di uno stadio. "E’ come se gli avessero dato il massimo di carcerazione preventiva e poi lo avessero dichiarato innocente", commenta il suo avvocato Mauro Messeri.

 

Comincia tutto il 17 aprile 2006, quando scoppia l’ennesimo scandalo mediatico-calcistico. Qualche manina misteriosa passa ai giornali i tabulati di una scheda svizzera attribuita a Bertini dalla quale risulterebbe una miriade di chiamate con Moggi e i suoi amici alla vigilia di Juve-Milan del dicembre 2004. A stretto giro di posta il provvedimento di Gussoni, nonostante l’arbitro si affanni a giurare che lui di sim elvetiche da Moggi non ne ha mai avute. L’inchiesta, intanto, va per le lunghe. Scade il primo periodo di stop e provvidenziale arriva la richiesta di rinvio a giudizio che consente di prolungarlo ancora. Al processo si arriva solo nel luglio scorso e finisce a pesci in faccia. Con l’avvocato Messeri che abbandona l’aula della commissione disciplinare, seguito dagli altri difensori, dopo che i giudici gli hanno negato la copia degli atti. La sentenza è pesante ma meno di quanto si potesse temere dopo uno scontro del genere: un anno e mezzo. E’ in pratica il suggello alla fine di una carriera, visto che già Bertini è stato dimesso dai ranghi. Immediato il ricorso discusso l’11 settembre e per il quale ora c’è la sentenza.

 

Moggi e Gabriele vengono prosciolti perchè non sono più tesserati. Bertini e De Santis, invece, si vedono dare ragione nel principio sostenuto dai loro avvocati e cioè che non possono essere processati di nuovo per lo stesso fatto. E’ vero che in Calciopoli uno all’arbitro aretino venivano imputate alcune partite ben definite, ma l’accusa era quella di aver favorito il sistema moggiano, sostanzialmente la stessa del processo bis. Bertini, dunque, non doveva neppure andare a giudizio, fa testo l’assoluzione della prima Calciopoli. Fine del caso giudiziario ma intanto è finita anche la carriera di un fischietto che guadagnava 200 mila euro l’anno e che si è ritrovato nei panni del nemico pubblico numero uno. «E’ il caso tipico di risarcimento per ingiusta detenzione», dice Messeri. Ora assieme al suo cliente studierà come chiedere i danni, morali e patrimoniali. Che potrebbero essere salati assai.